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Prova Harley-Davidson XR1200X

L’esemplare provato è nuovo di fabbrica. La prova è stata condotta su un percorso asciutto urbano e extraurbano.

Posizione di guida

La posizione di guida, trattandosi di una Harley, è sconvolgente, perché sembra quella di una naked normale: sella relativamente alta, pedane al posto giusto, non avanzate (definirle arretrate sarebbe troppo) e abbastanza alte, busto leggermente flesso in avanti e manubrio largo e non troppo alto. Questa moto è fatta per essere guidata, e lo si capisce appena ci si mette in sella. Le pedane sono normali, e così pure le leve del cambio e del freno, piccole, posizionate in modo razionale e azionabili in modo moderno, cioè senza dover staccare i piedi dalle pedane. L’appoggio a terra è facilitato dalla sottigliezza della moto. L’unico neo di una posizione altrimenti molto buona è la presa di aspirazione sul lato destro del serbatoio, su cui è un po’ scomodo appoggiare il ginocchio (più che altro è un fastidio mentale, dovuto all’asimmetria). In due parole, su questa moto (perché questa XR è una moto vera) si sta seduti comodi e in una posizione che consente un ottimo controllo.

Da fermo La moto è relativamente pesante (260 kg in ordine di marcia), ma nelle manovre da fermo sembra più leggera di quanto dichiarato, grazie al baricentro basso, e quindi non mette in imbarazzo, almeno se si è di statura media. Il cavalletto, laterale è l’unica cosa che accomuna questa moto alle Harley normali, perché è scomodo, come da tradizione. Nuova la strumentazione, formata da due strumenti circolari, di cui uno accoglie un contagiri analogico, mentre l’altro, più piccolo, mostra la velocità in cifre digitali. Particolari i comandi delle frecce, presenti su tutte le Harley attuali, separati per destra e sinistra; per toglierle, c’è un sistema automatico che agisce allorché la moto cessa di essere inclinata, oppure è possibile agire manualmente, premendo nuovamente il HD XR1200Xtasto corrispondente. Il sistema è abbastanza comodo e intuitivo, però l’automatismo basato sull’inclinazione crea frequenti imbarazzi, proprio perché non funziona se la moto non si inclina abbastanza durante il cambio di direzione. Nei cambi di corsia, dove è chiaro che la moto non si inclina, si disinserisce la freccia manualmente e la cosa finisce lì, ma nelle svolte ad inclinazione ridotta, al limite dell’innesco del sistema, non si sa mai che cosa fare, e può accadere di lasciare la freccia accesa o, al contrario, di riaccenderla dopo che si è spenta da sé. Si tende quindi a guardare continuamente la spia, che è molto piccola e poco visibile, distraendosi inutilmente dalla guida. Il sistema sarebbe senza dubbio migliore senza l’automatismo, oppure con un tasto di reset separato da quelli di inserimento.

Motore

Il motore è interessante, perché senza perdere la coppia bassa tipica del bicilindrico a corsa lunga (100 Nm a 3700 giri, regime un po’ più elevato del solito, ma comunque accettabile), ha assunto un allungo più umano (si possono tirare le marce fino a circa 7000 giri, anche se conviene cambiare un po’ prima di tale soglia, per evitare il brutale inserimento del limitatore), che consente accelerazioni certo non sportive nel vero senso della parola, soprattutto se raffrontate alla cilindrata, ma sufficienti per un uso divertente. Rispetto alle altre HD colpisce la rumorosità di aspirazione, assai più evidente e non proprio gradevole, almeno a mio parere. Sicuramente il problema non si pone usando scarichi aftermarket. Le vibrazioni sono relativamente limitate e comunque congrue con il tipo di moto. Il calore trasmesso invece è parecchio, specie in città.

Trasmissione

Il cambio è, come al solito Harley, duro, legnoso e rumoroso, ma preciso. La manovrabilità però è molto buona, moderna, e rende il suo uso molto più gradevole del solito, tanto da perdonargli i difetti tradizionali. I rapporti appaiono un po’ meno lunghi del solito, vista anche la potenza maggiore. Sono solo cinque, ma bastano. La frizione è relativamente morbida e progressiva. la trasmissione finale a cinghia è perfetta, totalmente priva di giochi e di rumori.

Freni

Questa Harley atipica è  dotata di “freni” anziché di “rallentatori”. Il doppio disco anteriore, servito da pinze a quattro pistoncini, assicura decelerazioni di alto livello, e perfettamente modulabili, complici tutta una serie di elementi a favore: l’ottimo comparto sospensioni, le gomme Dunlop Qualifier, sviluppate apposta per questo modello, il baricentro basso e l’interasse molto lungo. E anche il freno posteriore risulta perfettamente modulabile e quindi non incline al bloccaggio come sulle altre Harley. L’assetto in frenata rimane stabile e preciso, a livello della migliore concorrenza. Peccato per la mancanza dell’ABS, ma l’ottima modulabilità dei freni rende questa mancanza più perdonabile.

Sospensioni

Le sospensioni sono l’ennesima grande sorpresa di questa moto. Realizzate da Showa e caratterizzate dalla forcella anteriore big piston a steli rovesciati, offrono abbondanti possibilità di regolazione, ma soprattutto garantiscono una stabilità di marcia e un’omogeneità di comportamento sconosciute alle altre Harley e degne di essere paragonate a quelle delle migliori naked di altre marche. Non rigide né cedevoli (ma in confronto alle altre Harley sono sportivissime), copiano bene anche lo sconnesso e quindi consentono un ottimo controllo della moto su ogni tipo di strada e anche alle velocità più elevate.

Comportamento su strada

La moto mantiene la disinvoltura delle altre Harley nell’andare a passeggio, ma il suo vero carattere emerge aumentando l’andatura e in particolare nel misto, dove la posizione di guida azzeccata, il tiro del motore, le sospensioni ben regolate, i freni impeccabili e il discreto angolo di piega (circa 40°) consentono una guida molto divertente e anche redditizia. Al punto da poter dare, se guidata come si deve, qualche dispiacere a motociclisti sulla carta meglio equipaggiati. Intendiamoci: l’interasse è lungo e la maneggevolezza non è quella di una Street Triple, però la prontezza dello sterzo supplisce in parte a tale caratteristica, regalando una guida disinvolta. Ma la moto se la cava bene anche sul veloce, dove la stabilità rimane buona e consente di affrontare i curvoni mantenendo il pieno controllo del mezzo.

Comfort

La capacità delle sospensioni di copiare le asperità e la posizione di guida ergonomica consentono un confort interessante e a mio parere nettamente superiore, vento a parte, a quello ottenibile su qualsiasi altra Harley, Electra Glide compresa. Trattandosi di una naked, ovviamente le cose cambiano ad alta velocità, ma in maniera meno evidente che su altre naked, nonostante la totale assenza di deflettori, probabilmente a causa dell’avantreno alto e della posizione di guida leggermente inclinata in avanti.

Consumi

La brevità della prova non mi ha consentito di effettuare rilevazioni. Il serbatoio da 13,25 litri è piccolo.

Pregi

  • Posizione di guida razionale e comoda
  • Prestazioni interessanti
  • Frenata potente, modulabile e stabile
  • Assetto sano e divertente

Difetti

  • ABS non disponibile
  • Cavalletto scomodo

Think! La sicurezza secondo Her Majesty

Di Claudio Cartia

 

Apriamo una prima finestra sull’estero, per scoprire cosa si fa fuori dall’Italia per la sicurezza stradale in termini di comunicazione e campagne di informazione. Se la riduzione dell’incidentalità stradale e del numero delle vittime è un obiettivo acclarato e comune a tutti i governi dei paesi sviluppati, non altrettanto condivisi sono i mezzi e le metodologie messe in campo per raggiungere tali obiettivi.

Le campagne di sensibilizzazione sono particolarmente interessanti, rispecchiano chiaramente i diversi approcci e le diverse sensibilità verso uno stesso problema. Sono anche un argomento spesso controverso, soprattutto in Italia. Una delle obiezioni che più spesso viene sollevata nel nostro Paese riguarda l’efficacia di tali campagne, quindi l’opportunità o meno di spenderci soldi che potrebbero essere utilizzati in opere più concrete.

La seconda ha a che fare con lo stile che viene impiegato per tali campagne. La maggior parte degli spot televisivi e della cartellonistica utilizzata all’estero, soprattutto nel Nord Europa, è molto diretta, non usa metafore, mostra il morto se necessario, fa leva sulle emozioni e le paure del pubblico a cui è rivolta. Nel nostro Paese invece le campagne di sensibilizzazione (invero piuttosto rare) che arrivano sui principali canali televisivi e sulla stampa sono molto “soft”, fanno largo uso di metafore, inquadrature fuori campo e di sottintesi, evitando di mostrare immagini crude.

Chi scrive ritiene che il nostro approccio sia poco efficace… ma prima di approfondire la situazione italiana, diamo uno sguardo in casa dei nostri vicini.

THINK! – Road Safety è l’iniziativa lanciata dal Ministero dei Trasporti Britannico  nel 2000, allo scopo di unire sotto un unico marchio tutte le campagne e le iniziative di sensibilizzazione ai problemi della sicurezza stradale.

L’ambizioso obiettivo che il Governo si è dato è quello di ridurre del 40% il numero di vittime e feriti gravi sulle proprie strade entro il 2010, usando il 1986 come anno di riferimento. Sempre secondo i governanti Britannici, l’educazione e la pubblicità giocano un ruolo fondamentale nell’aumentare la consapevolezza degli utenti della strada, per cui… ecco Think!.

Le campagne promosse negli anni da Think! sono numerose e diverse. I temi più spesso affrontati sono la guida sotto l’effetto di droghe e alcool, l’attenzione verso le “categorie deboli” della strada (pedoni, ciclisti, motociclisti), il rispetto dei limiti di velocità nelle zone urbane.

Per alcune campagne sono stati creati dei portali specifici, come nel caso della guida sotto gli effetti delle droghe.

Gli spot televisivi di Think! sono generalmente di ottima fattura, realizzati da comunicatori di fama internazionale come M&C Saatchi  o WCRS, sono estremamente schietti ed espliciti, spesso drammatici.

Alcuni esempi…

Fate attenzione ai motociclisti:

Guida in stato di ebbrezza:

Cinture di sicurezza:

 

Trattandosi di Inglesi non mancano anche gli spot con un certo umorismo (e ottimismo) di fondo. Tra i più simpatici segnalo questi due:

Prova Honda Crossrunner 800 2011

LA MOTO CHE MANCAVA

La moto provata, immatricolata di recente, montava gli pneumatici Pirelli Scorpion Trail appositamente sviluppati per questo modello, che assicurano un comportamento e un grip notevoli, almeno sull’asciutto; bagnato non pervenuto.

Aspetto generale

La Crossrunner è diversa da qualsiasi altra cosa presente sul mercato. Il design è elaborato e basato su un rapporto tra le masse sbilanciato tra il posteriore, snello e filante, grazie anche allo scarico 4 in 2 in 1 basso, e un anteriore piuttosto alto (a metà tra una naked e una enduro), ma non massiccio, grazie alla snellezza della vista frontale, alle forme elaborate della carenatura, alla diversa colorazione delle sue parti, alla particolare forma del faro e al piccolo becco sottostante.

Come tutte le cose diverse, rischia di richiedere un po’ di tempo per essere capita. Personalmente, mi è piaciuta subito.

Le finiture sono nel complesso piuttosto buone – in particolare ho apprezzato le pedane, i loro supporti e i pedali – con particolari anche leziosi, quale la copertura in plastica del manubrio, che comunque non stona su una moto così diversa dalle altre.

Comandi elettrici

I blocchetti elettrici sono ben fatti e appagano anche l’occhio con un design curato.

Non sono del tutto standard, perché il tasto delle frecce si trova sotto a quello del clacson e non viceversa come di solito accade, il che all’inizio conduce a suonare il clacson quando si vogliono togliere le frecce, e ad un senso di frustrazione quando si vuole suonare il clacson e non succede niente.

In compenso c’è anche il comando per i lampeggiatori di emergenza, che a mio avviso costituisce una dotazione indispensabile per qualsiasi veicolo a motore.

I tasti grandi rendono l’azionamento agevole anche con i guanti invernali.

Strumentazione

Honda Crossrunner 800La strumentazione, posta in posizione piuttosto alta, è semplice, moderna e anche abbastanza elegante. Un unico display LCD largo e sottile raccoglie il tachimetro e l’orologio digitali, il contagiri analogico, gli indicatori del livello carburante e della temperatura dell’acqua, oltre ai soliti contachilometri.

Ha due difetti: manca l’indicatore della marcia inserita, sempre utile su una moto a sei marce ravvicinate, e i numeri sul contagiri sono minuscoli e praticamente illeggibili da chiunque non abbia 10/10, come il sottoscritto.

Illuminazione

Da segnalare il fanalino pesteriore a led.

Il test si è svolto di giorno, quindi non posso dire nulla sull’efficacia dell’impianto.

In sella

La sella è piatta, piuttosto larga, non particolarmente rigida (meno che sulla VFR1200F) e, tutto sommato, comoda; inoltre essa consente una buona libertà di movimento nella guida sul misto.

Le pedane sono leggermente alte e arretrate, come – guarda caso – sulla VFR800, ma il manubrio è alto, pur se non largo come sulle enduro. Ne risulta una posizione strana, con il busto eretto e le gambe che hanno voglia di premere sulle pedane, ma abbastanza comoda e molto piacevole nella guida sul misto.

In realtà, superata la sorpresa iniziale per l’inusuale triangolazione sella-pedane-manubrio, la cosa che spicca in questa moto – come spesso avviene sulle Honda – è la sensazione che tutto sia al posto giusto e renda le cose facili fin dal principio.

Gli specchi sono belli e funzionano bene.

Passeggero

Visto che sono andato a provare la moto in compagnia di un orco di 110 kg, ho preferito evitare di portare un passeggero.

La sella, solo poco più alta di quella del conducente, è comunque abbastanza ampia e contornata da due ampie e belle maniglie e le pedane sono poste in posizione corretta.

Capacità di carico

La moto può essere equipaggiata a richiesta con motovaligie da 29 litri ciascuna e con un topcase da 31 litri, per complessivi 91 litri di capacità.

E’ quindi possibile viaggiare anche in coppia con una buona capacità di carico senza dover ricorrere all’aftermarket.

Il serbatoio metallico consente di montare una borsa magnetica.

Manovre da fermo

La Crossrunner è pesantuccia (240,4 kg in ordine di marcia), ma è snella, priva di ostacoli per le gambe e con la sella alla giusta altezza (81,6 cm), perciò il controllo da fermo è agevole, aiutato anche dal manubrio alto, che offre una leva vantaggiosa.

Il cavalletto laterale si aziona con naturalezza ed è stabile.

Il cavalletto centrale, disponibile a richiesta, era assente sulla moto provata.

Motore

Il motore è il noto 4 cilindri a V di 90° a 16 valvole con sistema V-TEC che equipaggiava la VFR800 ultima serie. Il sistema aziona solo due valvole per cilindro fino a circa 7000 giri, per poi passare a quattro valvole oltre tale soglia. Scopo di questo tour-de-force tecnologico dovrebbe essere quello di ottimizzare la coppia ai bassi e di enfatizzare l’allungo agli alti, ovvero la quadratura motoristica del cerchio; però, sulla VFR esso dava luogo ad un motore dalla doppia personalità, pacioso ai bassi e cattivo agli alti, con una transizione assai brusca tra una fase e l’altra.

I tecnici Honda devono aver lavorato sodo su questa caratteristica, perché sulla Crossrunner il comportamento del motore è assai più omogeneo e lineare. Intendiamoci, l’entrata in coppia è comunque evidente, ma il tiro ai bassi e medi giri è più alto qui che sulla VFR, quello agli alti è un po’ inferiore e perciò il risultato è una transizione molto più morbida da una fase all’altra, che non crea alcun problema di gestione della potenza in qualunque circostanza.

Il risultato è un motore davvero interessante, praticamente privo di vibrazioni dai 3.000 giri fino al limitatore, docile al gas, abbastanza pieno ai bassi e dotato di un bell’allungo, accompagnato da un cambio di tonalità (intorno ai 7.500 giri) deciso e coinvolgente, una vera goduria per le orecchie.

L’unica cosa in cui esso lascia a desiderare è il comportamento ai bassi regimi: sotto i 2000 giri scalcia vistosamente, mentre dai 2.000 ai 3.000 sobbalza se tenuto a regime costante e vibra con evidenza quando si accelera.

La rumorosità è tutto sommato contenuta, molto piacevole a qualsiasi regime, e ovviamente aumenta all’apertura della seconda coppia di valvole, insieme al già citato cambio di timbro.

La coppia massima (72,8 Nm) è espressa allo stratosferico regime di 9.500 giri, ma in effetti il motore, pur esprimendo il meglio oltre i 7.500, è tutt’altro che vuoto al di sotto di tale soglia (la curva è sempre sopra i 60 Nm a partire da circa 3.700 giri).

Il range di utilizzo va dai 3.000 giri (cui corrisponde in 6a una velocità di 75 km/h) agli 11.500 circa del limitatore. Se si vogliono accelerazioni brucianti, basta tenere il motore sopra i 7.000 giri, mentre tutto quello che c’è sotto tale regime assicura una guida comunque fluida, piacevole e sicura (soprattutto sul bagnato).

Un’ultima annotazione sul calore trasmesso alle gambe: poco, almeno in una giornata primaverile.

Trasmissione

Il cambio è abbastanza silenzioso, preciso e ben manovrabile, con una corsa abbastanza corta, ma tende a fare un po’ di scalino nelle cambiate veloci.

Le marce sono spaziate abbastanza uniformemente (forse c’è un po’ di salto fra la 1a e la 2a), con una 6° piuttosto lunga da 25 km/h per 1.000 giri, con la quale a 130 il motore frulla a poco più di 5.000 giri.

La velocità massima di 200 km/h effettivi (autolimitata elettronicamente) può essere raggiunta sia in 5a che in 6a, e in quest’ultima marcia corrisponde a soli 8000 giri. Immagino che si possa arrivare a tale velocità anche in 4a, ma non ci ho provato.

La trasmissione finale è a catena.

La frizione è morbida e ben modulabile.

Sospensioni

Le sospensioni hanno una taratura che costituisce un buon compromesso tra confort e stabilità La forcella, di tipo tradizionale e con steli da 43 mm, non è regolabile, ma è solida abbastanza per contenere il trasferimento in frenata anche nelle staccate più violente (da stradale “sana”, non da enduro, stante anche l’escursione di 108 mm), mentre il mono Pro-link, regolabile nel precarico e in estensione, consente un buon controllo delle masse sospese, assorbe bene le piccole e medie asperità e va un po’ in crisi solo sullo sconnesso più duro.

La regolazione del mono posteriore richiede l’uso di un attrezzo; è un vero peccato, specie su una moto così versatile, perché la maggior parte degli utenti tenderà probabilmente a non adattarla alle esigenze. Non a caso, la moto provata, tarata per un peso sensibilmente inferiore al mio, così è rimasta per tutta la prova.

Freni

L’impianto è potente e ben modulabile. Oltre che per l’ABS di serie, che entra in azione solo quando serve davvero, è caratterizzato dallo schema di frenata integrale CBS.

Questo sistema è al top per quanto riguarda la sicurezza, perché ciascun comando aziona entrambi i freni, sia pure con una diversa ripartizione (il pedale ha un effetto prevalente sul freno posteriore e la leva sul freno anteriore), e questo minimizza la possibilità di sbilanciare l’assetto della moto in frenata, specie in curva, e riduce la tendenza al bloccaggio o, come in questo caso, all’innesco dell’ABS.

Tale risultato è ottenuto mediante pinze freno speciali, nelle quali una parte dei pistoncini è azionata dalla leva e un’altra parte dal pedale, soluzione che impone il raddoppio dei circuiti idraulici, ma che rispetto al principale sistema concorrente, l’Integral ABS della BMW, ha due pregi: funziona perfettamente anche a quadro spento e consente l’uso contemporaneo di entrambi i comandi freno senza alcun problema di ripartizione della frenata né di innesco prematuro dell’ABS.

Inoltre, a differenza che su altre moto della Casa, in questo caso l’uso del pedale consente di chiudere la traiettoria in curva (cosa che non avviene, ad esempio, sulla VFR1200F), eliminando così l’unico difetto che questo sistema può presentare.

In due parole: i freni ideali per una moto stradale.

Comportamento alla guida

La Crossrunner è senza dubbio molto divertente (mi accorgo che penso la stessa cosa di molte moto di questa cilindrata; dato che guido abitualmente una 1200, mi sa che devo cambiare genere), ma lo è in modo nuovo, diverso da quello di una naked, di una sport tourer o di una enduro, perché qui c’è il rigore delle sospensioni di una stradale pura, ma c’è anche il manubrio alto, che insieme alle pedane arretrate dà un feeling tutto particolare, e c’è un motore piuttosto sportivo, dall’allungo fantastico e dal sound davvero splendido.

In città la snellezza della moto (almeno quando è senza le valigie) è notevole e, complice il manubrio stretto e alto, consente di svicolare con disinvoltura in mezzo alle auto e ai relativi specchietti.

Nel misto la moto dà il meglio di sé e coniuga una precisione di guida notevole, data dalla gommatura e dall’inclinazione “stradale” del cannotto di sterzo (25,45°) ad una maneggevolezza superiore alle aspettative, aiutata dal manubrio alto, che consente uno sterzo meno caricato e quindi più leggero, e da un’avancorsa da naked (96mm).

Per contro, in autostrada la stabilità non è eccelsa, (ma neanche scarsa, l’interasse è nella norma, 1.464 mm), in quanto l’avancorsa ridotta rende lo sterzo un po’ più nervoso che su una sport tourer.

Molto furba, al riguardo, è la scelta di autolimitare la velocità a 200 km/h; ciò ha consentito a Honda di adottare le quote ciclistiche “sbarazzine” di una naked 600, ma con il motore di una sport tourer 800, col risultato di ottenere un oggetto veramente divertente, potente, maneggevole e senza alcun compromesso con la sicurezza: chapeau.

La luce a terra è ottima e ci vuole un bel po’ di impegno per riuscire a strisciare i lunghi piolini delle pedane.

Comfort

Fatta l’abitudine alla curiosa triangolazione sella – manubrio  – pedane, la Crossrunner risulta abbastanza comoda, grazie alla pressoché totale assenza di vibrazioni, al molleggio corretto, alla sella larga e abbastanza confortevole e alla protezione aerodinamica fornita dal frontale alto e dal piccolo parabrezza, davvero sorprendente – consente di viaggiare col busto eretto anche a velocità elevata, in un flusso d’aria particolarmente pulito – e migliore di quella concessa da alcune sport tourer (tra cui la mia K1200S).

A richiesta sono disponibili un parabrezza più alto e largo, due piccoli deflettori per migliorare la protezione dall’aria delle ginocchia e le manopole riscaldate.

Consumi

Non li ho rilevati. Il serbatoio contiene ben 21,5 litri, cosa che dovrebbe consentire un’ottima autonomia.

Pregi

  • Motore splendido, privo di vibrazioni e con allungo e sound esaltanti
  • Guida molto piacevole in tutte le circostanze, precisa e divertente
  • Freni perfetti e molto sicuri, con ABS (di serie) e CBS ben tarati
  • Capacità di carico interessante

Difetti

  • Un po’ rigida sullo sconnesso più duro
  • Contagiri poco leggibile
  • Manca un pomello per la regolazione veloce del precarico

Si ringrazia la Concessionaria “Romanelli Moto Viterbo Srl” per averci messo a disposizione la moto per la prova.

Prova Kawasaki Z1000SX 2011

MOLTO SPORT, POCO TOURER

Aspetto generale

Kawasaki propone questa moto come versione più adatta al turismo della Z1000, ma è evidente che il cliente tipo che ha in mente non è il BMWista di lungo corso, ma piuttosto lo smanettone in cerca di maggior praticità, sensazione resa particolarmente evidente dal design moderno e molto aggressivo e in particolare dal codino minimalista, privo di portapacchi e con una sella del passeggero abbastanza ridotta.

Le finiture sono molto buone, ma comunque adeguate al prezzo, non propriamente economico, l’unico appunto è qualche scricchiolio proveniente dalle parti in plastica.

Imponenti e molto Kawasaki i due doppi scarichi squadrati, che personalmente trovo non belli.

Comandi elettrici

I blocchetti elettrici sono senza fronzoli, ma ben fatti e del tutto standard nei comandi.

E’ presente il comando dell’hazard.

I tasti sono azionabili facilmente con i guanti pesanti.

Strumentazione

La strumentazione, dal disegno essenziale e piacevole, ha a sinistra il classico contagiri analogico a lancetta e a destra un display lcd che mostra in caratteri digitali la velocità, il chilometraggio parziale o totale, l’ora e, mediante barrette, il livello del carburante.

La leggibilità è buona, peccato che manchi l’indicatore della marcia inserita, che per le caratteristiche del cambio sarebbe stato utilissimo.

Illuminazione

Il test si è svolto di giorno, quindi non posso dire nulla sull’efficacia dell’impianto, se non che il faro anteriore è doppio e il fanalino è a led.

In sella

Kawasaki Z1000SXLa sella è relativamente dura, stretta anteriormente, ma piuttosto larga e piatta dietro. Non è comoda come sembrerebbe a prima vista, perché sedendocisi sopra si sente una specie di nervatura che la attraversa trasversalmente, tanto che sembra un po’ di stare in bilico tra i due posti di una sella monopezzo.

Il manubrio è relativamente alto e largo, con pedane moderatamente arretrate e rialzate, e l’insieme consente una posizione piuttosto naturale, non sportiva, ma nemmeno troppo turistica, molto adatta al tipo di moto.

Gli specchi, di derivazione supersport, sono montati su due bracci incernierati sul cupolino, sono regolabili a piacere e offrono una visuale abbastanza ampia e senza vibrazioni né oscillazioni.

Passeggero

La sella del passeggero è piuttosto stretta, poco imbottita (ma migliore che su una supersport) e un po’ rialzata rispetto a quella del pilota. Dispone di due ampie e belle maniglie in metallo e le pedane sono collocate in posizione abbastanza comoda.

Non ho provato la moto in coppia, ma viste le caratteristiche del cupolino, penso che il passeggero non goda di alcuna protezione aerodinamica, o quasi.

Capacità di carico

La moto può essere equipaggiata a richiesta con motovaligie da 35 litri ciascuna (e in tal caso si ottiene in pratica la versione Z1000SX Tourer) oppure con un topcase da 39 litri; la Casa infatti non consente il montaggio dei tre pezzi contemporaneamente, immagino per evitare il rischio che l’assetto venga troppo sbilanciato. Inoltre l’integrazione pratica ed estetica lascia a desiderare; in particolare, il topcase è francamente scoordinato rispetto alla linea della moto, mentre le motovaligie sono piacevoli, ma una volta smontate laciano in vista i classici telai delle valigie aftermarket, piuttosto brutti da vedere.

A questo punto, tanto vale lasciar perdere gli optional della Casa – e quindi anche la versione Tourer – e acquistare separatamente il kit Givi dedicato, che consente il montaggio contemporaneo dei tre pezzi, con motovaligie identiche a quelle marchiate Kawasaki (che in realtà sono delle Givi Monokey Side V35) e un topcase più gradevole e da 49 litri.

Manovre da fermo

La SX è piuttosto leggera per le sue caratteristiche (228 kg in ordine di marcia, tre in più se la si acquista con l’ABS), la sella non è bassissima (82 cm), ma è rastremata anteriormente, per cui il controllo da fermo è meno difficoltoso di quanto potrebbe apparire dal nudo dato, grazie anche al manubrio relativamente alto e largo, che offre una buona leva.

Il cavalletto laterale è pratico e stabile.

Il cavalletto centrale non è previsto, purtroppo, il che è un limite per una moto che ha ambizioni di turismo.

Motore

Il quattro cilindri in linea da 1043 cm3 offre 138 CV a 9.600 giri, ben 11,2 kgm a 7.800 giri ed è uno dei migliori quattro cilindri in linea nell’attuale panorama motociclistico.

Potente, pronto nel salire di giri, regolarissimo anche ai bassi regimi e soprattutto ricco di coppia sempre, spara la moto fuori dalle curve come un bicilindrico e allo stesso tempo consente un allungo possente fino alla linea rossa a 11.000 giri, e in più vibra anche in modo non eccessivo. Aggiungiamo anche il fatto che il suono emesso dai quattro scarichi è piacevole e mai invadente, che l’apri-chiudi non pone particolari problemi e che non si sente alcun rumore di aspirazione e il quadro che ne esce fuori è davvero lusinghiero.

Il campo di utilizzo va da 2.000 a 11.000 giri e la rapportatura corta consente di circolare in sesta praticamente sempre, potendo contare su una ripresa eccellente in qualsiasi momento.

Trasmissione

Il cambio è abbastanza silenzioso, preciso e ben manovrabile, con una corsa abbastanza corta, ma tende a fare un po’ troppo scalino nella guida rilassata.

Le marce sono piuttosto ravvicinate e abbastanza corte (nonostante siano state leggermente allungate rispetto alla Z1000), con una sesta da circa 23 km/h per 1.000 giri, tale da far girare il motore a circa 5600 giri a 130 km/h.

La trasmissione finale è a catena.

La frizione è morbida e ben modulabile.

Sospensioni

Le sospensioni nel settaggio standard risultano abbastanza rigide, cosa che dona alla moto una stabilità irreprensibile in velocità, ma crea qualche sobbalzo di troppo nella guida cittadina.

Sia la forcella, a steli rovesciati da 41 mm, che il mono offrono la regolazione del precarico e quella dell’idraulica. Se acquistassi questa moto, mi metterei subito a smanettare per ottenere un assetto un po’ più morbido, perché preferisco le sospensioni che copiano bene le asperità (specie in curva) alle “tavole da stiro”.

Freni

I freni sono costituiti da due dischi anteriori a margherita da 300 mm serviti da pinze radiali a 4 pistoncini contrapposti, e da un disco posteriore pure a margherita da 200 mm azionato da una pinza a pistoncino singolo – senza dubbio sottodimensionato su una moto che ha velleità di turismo in coppia (basti pensare che sulla Z750 il disco è da 250 mm!)..

La frenata che ne risulta è potente e ben modulabile, con il plus di una stabilità irreprensibile, dovuta alla fermezza della forcella e probabilmente anche alla corsa relativamente lunga delle sospensioni.

Non ho provato la moto in coppia, quindi non so dire nulla sull’efficacia del freno posteriore sotto carico, ma ho forti perplessità derivanti, come detto, dal suo ridotto diametro.

L’ABS è disponibile solo a richiesta, il che, visto il prezzo, è davvero un peccato.

Comportamento alla guida

La Z1000 SX è senza dubbio molto efficace, grazie alla generosa e sempre disponibile cavalleria, all’assetto tendenzialmente rigido, alle quote ciclistiche evidentemente azzeccate e alla posizione di guida moderatamente sportiva, ma che consente un ottimo controllo dell’avantreno.

In particolare, risulta azzeccato il compromesso tra maneggevolezza, non eccelsa, ma comunque tale da consentire una guida piuttosto spigliata, e stabilità, ottima alle alte velocità.

La moto è piacevole e immediata da guidare anche in mezzo al traffico cittadino.

Comfort

Il confort, che dovrebbe essere la principale ragion d’essere di questa moto, è invece il suo unico aspetto criticabile.

La triangolazione sella-pedane-manubrio è senz’altro ben fatta, ma la sella abbastanza rigida e dall’imbottitura non regolare e il molleggio sportivo non fanno gridare al miracolo.

La situazione è resa ancora meno rosea dall’aerodinamica, perché la carena alleggerisce sì la pressione del vento in velocità e protegge il busto, ma lascia completamente scoperte la testa e le mani e anche buona parte delle gambe. Il trasparente in particolare, regolabile manualmente in altezza su tre posizioni in modo abbastanza pratico, ha una forma piuttosto infelice, convessa e tale da creare una lama d’aria che colpisce il conducente sul torace o sul collo, secondo la statura e la regolazione adottata.

Mi aspettavo di meglio e, a dirla tutta, non ho trovato una valida ragione per preferire la SX alla Z1000 naked.

Consumi

Non rilevati. Il serbatoio ha una buona capienza, 19 litri.

Pregi

  • Motore potente e ricco di coppia a qualsiasi regime
  • Posizione di guida azzeccata e che offre un ottimo controllo
  • Stabilità sul veloce

Difetti

  • ABS non di serie
  • Prezzo elevato
  • Sospensioni rigide sullo sconnesso
  • Protezione aerodinamica poco efficace

Si ringrazia la Concessionaria “AB Moto” per averci messo a disposizione la moto per la prova.

Prova Triumph Speed Triple 1050 2010

NAKED DA SBALLO 

L’esemplare in prova era equipaggiato con gomme Metzeler Racetec K3, molto sportive e a mio parere troppo estreme per l’uso su strada; a caldo e sull’asciutto assicurano alla moto un grip notevole, ma vanno bene solo per chi usa la moto per andare a divertirsi sotto il sole, pregando di non incappare in un acquazzone.

Aspetto generale

La Speed ha un fascino notevole, ed è da tempo un classico fra le naked. Il doppio faro anteriore ne caratterizza fortemente la linea, ma ogni particolare concorre a farne un mezzo di grande e aggressiva personalità.

Comandi elettrici

I blocchetti elettrici sono privi di fronzoli, seguono lo standard quasi universalmente adottato sulle moto e risultano funzionali nell’uso, anche con i guanti. Peccato che manchi il comando per i lampeggiatori di emergenza.

Strumentazione

La strumentazione, tipicamente Triumph, è semplice, ma abbastanza completa. Consta di un unico strumento combinato, che a destra alloggia il contagiri analogico e le spie mentre a sinistra contiene un piccolo display quadrangolare che ospita il tachimetro digitale, il computer di bordo, l’orologio digitale (troppo piccolo e quindi poco visibile), e gli indicatori del livello carburante, della temperatura del liquido di raffreddamento e della marcia inserita, piuttosto utile.

Illuminazione

Da segnalare il doppio faro anteriore biluce.

In sella

Triumph Speed Triple 2010La sella è tutto sommato abbastanza ampia e imbottita, pur abbastanza rigida, ma impone una postura fissa, impedendo ogni possibilità di spostarsi longitudinalmente. È posta a 83 cm di altezza, senza alcuna possibilità di variazione. Le pedane sono relativamente alte e arretrate,come devono essere su una moto del genere. Il manubrio è dritto, non largo, né troppo basso. Da tutto ciò discende una posizione di guida adattissima al genere di moto, a metà tra il turistico e lo sportivo. Le leve al manubrio sono regolabili. Gli specchi svolgono la loro funzione egregiamente.

Passeggero

Il passeggero siede su una sella piccola, alta, con le ginocchia abbastanza sacrificate e senza alcun appiglio, a parte la ridicola cinghietta imposta dall’omologazione. La sua situazione può essere migliorata installando il maniglione posteriore disponibile a richiesta. Ma è possibile anche risolvere più drasticamente il problema del passeggero, installando uno dei gusci coprisella presenti nel catalogo accessori.

Capacità di carico

La Casa prevede per questa moto soltanto alcune borse serbatoio, la più grande delle quali ha una capacità di 30 litri. Un single molto spartano ci può anche viaggiare, ma non è una moto molto adatta a questo genere di uso.

Manovre da fermo

La moto è abbastanza leggera (217 kg in ordine di marcia) e snella, per cui il controllo da fermo è agevole, almeno per chi è di statura media e alta. Il cavalletto laterale, in lega pressofusa, non è molto comodo da azionare stando in sella, perché è privo di un appiglio per il piede.

Motore

Il motore è un capolavoro, perché coniuga al meglio i pregi dei bicilindrici con quelli tipici dei quattro cilindri, dato che ha il tiro ai bassi dei primi, ma anche l’allungo, le vibrazioni limitate e la fluidità dei secondi. E anche il suono è affascinante, con quella frequenza unica che lo rende stretto parente dei sei cilindri. Insomma, un’unità perfetta e nel suo genere difficilmente superabile, come tutti i tricilindrici Triumph. La coppia massima di 105 Nm è espressa piuttosto in alto, ma in effetti la sua curva è piuttosto piatta e ben sostenuta a tutti i regimi. Il range di utilizzo va dai 2000 ai 10.000 giri del limitatore, e la coppia è tale da tirare con forza anche in 6a a basso regime. Difetti? Uno: scalcia leggermente sotto i 2000 giri. Ma chissenefrega!

Trasmissione

Il cambio non è particolarmente preciso e ha una corsa della leva un po’ lunga, ma è morbido e si manovra comunque abbastanza bene. E’ anche abbastanza silenzioso. Le marce sono correttamente spaziate fra loro e non sono lunghe in rapporto alla potenza, con una 6a da 5000 giri di strumento a  130 km/h indicati. La trasmissione finale è a catena e assicura la pressoché totale assenza di giochi. La frizione è tutto sommato morbida, ben modulabile e non ha dato problemi di alcun tipo.

Sospensioni 

Le sospensioni sono rigide, molto. Sul liscio sono esaltanti, ma sullo sconnesso anche leggero richiedono una schiena perfettamente a punto, e possibilmente la totale assenza di otturazioni. A molti questa scelta piace, ma a me no, perché, confort a parte – peccato tutto sommato veniale, in una moto che non è nata per viaggiare – essa ha ripercussioni negative nelle curve sconnesse, dove la moto rimbalza e perde di rigore.

Freni

L’impianto è di tipo tradizionale. I due dischi anteriori da 320mm con pinze radiali Brembo assicurano decelerazioni potenti, resistenti e ben modulabili, mentre il disco posteriore da 220 mm è sufficiente per l’uso tipico della moto, cioè senza passeggero. La forcella è ben frenata e contrasta efficacemente l’affondamento in frenata. Peccato che manchi l’ABS, che scongiurerebbe non solo il rischio di bloccaggi, ma anche quello di capottamento, tutt’altro che difficile su moto come questa, caratterizzata da interasse corto e da una posizione di guida vicina all’avantreno.

Comportamento alla guida

Moto divertentissima: dotata di un motore potente e ben gestibile, snella, abbastanza leggera, con interasse corto e avancorsa ridotta,  sul misto è uno strumento molto efficace, almeno se condotta da mani esperte. Sul veloce invece le cose sono meno perfette. La protezione aerodinamica assicurata dal piccolo cupolino (optional) che copre la strumentazione è sorprendentemente buona – consente di tenere agevolmente velocità di 140-150 km/h senza grandi sforzi – e il telaio non mostra di soffrire i curvoni veloci, ma lo sterzo risulta un po’ troppo svelto e leggero e fa sentire la mancanza di un maggior rigore. Ma il punto debole della dinamica di questa moto è lo sconnesso; i rimbalzi provocati dall’assetto sono eccessivi, e se possono pure divertire nel misto, ad alta velocità non sono piacevoli. La luce a terra è più che buona, come è giusto in una moto del genere.

Comfort

La posizione di guida è piacevolmente naturale, e insieme alla buona protezione aerodinamica (con il cupolino optional) assicura un confort tutto sommato buono finché si viaggia sul liscio. Sullo sconnesso invece si soffre un po’ troppo, a causa delle sospensioni e della sella rigida.

Consumi

Il consumo medio rilevato nel corso della prova, condotta con piglio teppistico per metà in città e per il resto in autostrada e sul misto, è stato pari a 12,5 km/l, tutto sommato non male. Il serbatoio da 18 litri consente un’autonomia teorica media intorno ai 230 km, che probabilmente possono arrivare anche a 300 adottando una guida parsimoniosa. Ammesso che uno voglia guidare così su una moto del genere.

Pregi

  • Motore eccellente, potente, elastico, fluido, con vibrazioni trascurabili e dotato di notevole allungo
  • Accelerazione e ripresa notevoli
  • Molto divertente nel misto
  • Discreta protezione aerodinamica in autostrada con il cupolino optional

Difetti

  • Assenza ABS
  • Assenza lampeggio di emergenza
  • Molto rigida sullo sconnesso, con ripercussioni sul confort e sulla precisione di guida
  • Sella che non consente spostamenti longitudinali
  • Orologio digitale poco visibile

Si ringrazia la Concessionaria Triumph “Numero Tre Roma Srl” per averci messo a disposizione la moto per la prova.

Prova Kawasaki Z750R 2011

UN BEL GIOCATTOLO

Aspetto generale

La moto è una versione migliorata della Z750, uno dei best-seller del mercato, alla quale sono state apportate parecchie modifiche, poco appariscenti, ma di sostanza al telaio (riprogettato nella parte anteriore), ai freni (ora con pinze radiali a 4 pistoncini contrapposti, come sulla Z1000, e con tubi in treccia metallica), all’estetica e soprattutto al comparto sospensioni. Per quanto riguarda queste ultime in particolare, anteriormente è stata adottata una forcella rovesciata da 41 mm regolabile nel precarico e nel ritorno idraulico su entrambi gli steli, e a anche dietro è stato cambiato tutto: nuovo forcellone in alluminio, nuovo monoammortizzatore con serbatoio separato, nuovo leveraggio progressivo Uni-Trak con biellette più lunghe.

La cura costruttiva complessiva risulta quindi nettamente migliore di quella, già buona, della Z750 base.

Comandi elettrici

I blocchetti elettrici sono senza fronzoli, ma ben fatti e del tutto standard nei comandi.

E’ presente il comando dell’hazard.

I tasti sono azionabili facilmente con i guanti pesanti.

Strumentazione

La strumentazione, dal disegno sportivo e piacevole, è composta dal classico contagiri analogico a lancetta, contornato da una bella ghiera circolare satinata, e da un display lcd rettangolare che in parte sconfina nel contagiri, movimentando l’estetica e separando l’indicatore del carburante a barre (all’interno del cerchio del contagiri) dagli altri dati in caratteri digitali: velocità, ora, temperatura dell’acqua, chilometraggio parziale o totale e altre informazioni selezionabili, che non ho sentito la necessità di visualizzare.

La leggibilità è buona, grazie ai caratteri abbastanza grandi e alla scelta di mostrare solo poche informazioni alla volta.

Illuminazione

Il test si è svolto di giorno, quindi non posso dire nulla sull’efficacia dell’impianto, se non che il faro anteriore è doppio e il fanalino è a led.

In sella

La sella è relativamente dura e non è comoda, perché l’imbottitura non è omogenea. Inoltre l’infelice forma della sella del passeggero, appuntita anteriormente, toglie al pilota ogni voglia di guidare in posizione arretrata.

A parte questo, la posizione di guida è molto azzeccata, con manubrio relativamente alto e non molto largo e pedane moderatamente arretrate e rialzate, adatta al genere di moto.

Gli specchi fanno dignitosamente il loro dovere.

Passeggero

La sella del passeggero sacrifica completamente la propria funzionalità in favore del design; oltre ad avere il profilo anteriore appuntito e scomodo per il pilota, come detto sopra, è stretta, poco imbottita e per giunta dotata di uno spigolo che la attraversa longitudinalmente.

Le pedane sono relativamente alte, anche se non proprio da fachiro.

Insomma, per fare il passeggero su una Z750R ci vuole molto amore per chi la guida.

Manovre da fermo

La Z750R non è leggerissima per essere una 750 (224 kg, 227 per la versione con ABS) e la sella è un po’ alta per una naked (82,5 cm), per cui il controllo da fermo non è facile per chi è basso, mentre per tutti gli altri non ci sono difficoltà particolari.

Il cavalletto laterale è abbastanza pratico e stabile.

Il cavalletto centrale non è previsto.

Motore

Il quattro cilindri in linea da 748 cm3 offre 106 CV a 10.500 giri (un valore interessante) e 8 kgm a 8.300 giri.

Gira rotondo e omogeneo a qualsiasi regime e vibra il giusto per un 4 cilindri in linea (cioè poco), ma è un po’ fiacco sotto i 7.000 giri, complice la rapportatura abbastanza lunga, cosa che semplifica senza dubbio la guida sul bagnato, ma può creare più di un imbarazzo quando ci si vuole disimpegnare rapidamente da una situzione di pericolo. Al contrario, agli alti regimi tira fuori tutta la grinta che serve e sfoggia un allungo notevole, fino alla linea rossa situata a 12.000 giri.

Trasmissione

Kawasaki Z750RIl cambio è abbastanza silenzioso, preciso e ben manovrabile, con una corsa abbastanza corta, ma tende a fare un po’ troppo scalino nella guida tranquilla.

Le marce sono abbastanza ravvicinate, ma la rapportatura è un po’ lunga (quasi uguale a quella della Z1000SX che dispone di ben altro motore), con una sesta da poco più di 22 km/h per 1.000 giri, per un regime di circa 5.800 giri a 130 km/h. Ciò mortifica un po’ le doti del motore, accentuando la sua carenza di coppia ai bassi e medi regimi, e costringe ad un frequente uso del cambio.

La trasmissione finale è a catena.

La frizione è morbida e ben modulabile.

Sospensioni

Le sospensioni sono molto scorrevoli ed efficaci e, stranamente, nel settaggio standard assorbono le asperità sensibilmente meglio di quelle della S1000SX, che pure dovrebbero essere molto simili, cosa che emerge con evidenza nella guida cittadina. Ciò nonostante, la moto ha un assetto particolarmente efficace anche in velocità, allorché le masse sospese sono tenute egregiamente a bada, grazie alla progressività del molleggio.

Molto efficace anche la forcella, ben frenata quando serve.

Freni

La moto provata era priva di ABS.

I freni sono costituiti da due dischi anteriori a margherita da 300 mm serviti da pinze radiali a 4 pistoncini contrapposti, e da un disco posteriore pure a margherita da 250 mm azionato da una pinza a pistoncino singolo.

La frenata che ne risulta è piuttosto potente e molto ben modulabile, specie all’anteriore.

Comportamento alla guida

La Z750R non è un fuscello e anche le sue quote ciclistiche (e il manubrio non molto largo) la rendono non particolarmente maneggevole rispetto alla concorrenza, ma se proprio devo essere sincero, la sua stabilità mi piace, infonde una piacevole sensazione di solidità e di sicurezza in tutte le condizioni, senza togliere molto al divertimento nel misto. E mi piace anche la facilità con cui la moto gestisce le sconnessioni in curva, senza quasi scomporsi. Di sicuro è una moto divertente e piuttosto facile, con la quale è possibile togliersi parecchie soddisfazioni.

Comfort

Il confort non è malvagio. La pressione del vento, mitigata dalla forma della carenatura del faro, non è eccessiva e consente di viaggiare fino a 130 km/h senza particolare sforzo, la posizione di guida è buona e il molleggio è ancora meglio. Unico vero neo, la sella, che io cambierei subito con qualcosa di meglio imbottito.

Consumi

Non rilevati. Il serbatoio ha un’ottima capienza per una naked, 19 litri.

Pregi

  • Moto ben fatta
  • Frenata potente e ben modulabile
  • Stabilità irreprensibile
  • Molleggio che realizza un eccellente compromesso tra confort e guida

Difetti

  • ABS non di serie
  • Selle pilota e passeggero scomode
  • Motore un po’ fiacco sotto i 7.000 giri

Si ringrazia la Concessionaria “AB Moto” per averci messo a disposizione la moto per la prova.