Motocicletta, o motociclo, spesso detta moto per brevità, è un veicolo a due ruote provvisto di motore (solitamente a scoppio) e cambio (solitamente manuale), che, condotto da un guidatore, permette di muoversi autonomamente sulla superficie terrestre per il trasporto di uno o due passeggeri.
Questo è quello che troveremmo in qualsiasi enciclopedia o dizionario alla lettera M se volessimo dare una definizione della nostra amica a due ruote. Ma, a voi piace? Riuscireste davvero a definirla così? Provate a rivolgere questa domanda a un qualsiasi motociclista e sarete testimoni di uno spettacolo davvero unico. Non saranno solo le parole a stupirvi mentre ascoltate ciò che per ognuno di noi , e per ognuno diverso, questo oggetto rappresenta. Ma dovrete misurarvi anche con le emozioni, quelle che si leggono attraverso occhi che cambiano espressione , bocche che si allungano in sorrisi soddisfatti. All’improvviso vi sembrerà di avere davanti un adulto che vi racconta un emozione provata da bambino, una di quelle che resta fissata nella mente e che non conta quanti anni hai o quanti ne sono trascorsi, da quel punto di vista non crescerai mai!
Perché lo facciamo? Di sicuro ci saranno mille spiegazioni plausibili. Gli psicologi potrebbero aiutarci a dar voce sia alle domande che alle risposte che portiamo dentro, ma per molti di noi questo legame va oltre. Per molti di noi infatti è talmente viscerale, che a “lei” riusciamo a perdonare tutto anche il tradimento, anche l’averci fatto male. È già, proprio così, mai gioia e pericolo hanno saputo coesistere meglio in un solo oggetto, eppure non riusciamo a starle lontani. Ed è qui che accade l’apparentemente inspiegabile. Molti di noi, i più sfortunati come vittime di sinistri stradali, altri durante lo svolgimento di discipline sportive, si sono dovuti confrontare con il lato oscuro della moto restando a volte feriti in maniera gravissima. Molti hanno pagato pesantemente, lasciandoci letteralmente una parte di se stessi eppure, in maniera apparentemente inspiegabile, il primo desiderio è sempre quello “risalire in moto”.
Perché ciò accada, non è compito mio spiegarlo. Ma so che è così, perché come motociclista posso immaginarlo. Quasi come se per assurdo sentissimo il bisogno di essere al più presto “riparati” per essere rimessi in condizione di fare quello che per noi è vitale come qualsiasi altro gesto quotidiano, andare in moto.
Se così non fosse non esisterebbero realtà splendide come quella di Di.Di. che sta appunto per Diversamente Disabili – già, perché anche in questo si può essere “diversi” – una Onlus fondata da Emiliano Malagoli e Chiara Valentini, che ha per scopo proprio questo, non interrompere quel bisogno vitale di cui parlavo prima, rendendo possibile a portatori di disabilità congenite o post traumatiche di condurre in autonomia una moto. L’incontro tra la loro e la nostra associazione è avvenuto per caso. Proprio quel caso nel quale sono ostinato a non voler credere. Ed è praticamente inevitabile che si crei un legame tra chi come noi ha fatto della sicurezza, intesa come atteggiamento di prevenzione attiva, una missione che ha portato alla nascita di un “pensiero di guida” e loro, che si fanno carico di un messaggio ben più ampio di abbattimento di barriere mentali tra moto e disabili.
Sono stati così bravi, da portare avanti la loro attività sia in campo agonistico, attraverso competizioni in circuito dedicate, sia attraverso la realizzazione di una moto multiadattata, unica in Italia, grazie alla quale la maggior parte dei disabili può sostenere l’esame pratico per la patente A senza doversi fare una moto su misura e senza il rischio di non farci più nulla in caso di bocciatura.
Seguiteli attraverso il loro sito e la pagina Facebook ma soprattutto sosteneteli. Sosteneteli attivamente in ogni modo che potete. Attraverso il nostro e vostro aiuto darete a loro la possibilità di continuare a formare dei “diversamente disabili” e darete, con poco, a voi stessi la possibilità di sentirvi “diversamente motociclisti”.
Enzo “Glock” Trapella, trainer Safe Riders