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Il DNA ritrovato
Premessa
Per chi non mi conosce: non sono mai stato un Guzzista. Conosco ovviamente la Casa di Mandello da una vita – ci sono anche passato davanti l’estate scorsa – e ho sempre saputo vagamente che si tratta di una costruttore con un grande passato e un presente pieno di nostalgia. Il primo breve test che ho effettuato in sella alla Mandello qualche settimana fa (link al video) mi ha molto colpito in positivo, perciò ho organizzato una prova più approfondita. Nel preparare la recensione, mi sono messo a scavare un po’ nella storia di questo marchio e, devo dire, ne sono rimasto affascinato. Questa prova su strada si è quindi trasformata in una vera e propria piccola monografia, in cui non descrivo solo come va la V100, ma anche come si è arrivati a crearla e che cosa essa significa per Moto Guzzi.
Un po’ di storia
Carlo Guzzi, classe 1889, apparteneva a una famiglia milanese benestante. Appassionato motociclista, di carattere sanguigno e poco adatto alle istituzioni scolastiche, non arrivò mai neanche a diplomarsi, ma aveva le idee molto chiare. Alla scomparsa prematura del padre, nel 1906, la famiglia vendette l’appartamento in città e si trasferì nella casa di villeggiatura a Mandello, sul Lago di Como, dove il giovane trovò occupazione presso un’officina meccanica. Allo scoppio della Grande Guerra fu arruolato come motorista nel Servizio Aeronautico della Regia Marina e, dopo aver scoperto che i motori degli aerei erano di gran lunga più avanzati, potenti e affidabili di quelli in uso sui veicoli terrestri, fu folgorato dall’idea di realizzare una motocicletta con un propulsore dalle caratteristiche simili. Con il suo entusiasmo trascinò nell’impresa due commilitoni piloti, Giorgio Parodi e Giovanni Ravelli, scelti non solo in quanto appassionati motociclisti. ma anche perché il primo era membro di una famiglia di imprenditori, mentre il secondo era un collaudatore e affermato corridore. Finita la guerra, Ravelli morì durante un volo di collaudo, ma i suoi amici proseguirono. Parodi andò a battere cassa presso il padre Emanuele Vittorio, noto armatore genovese, che acconsentì ad anticipare subito metà della somma richiesta, ma voleva vedere con i propri occhi la moto finita prima di elargire l’altra metà. Guzzi si mise subito al lavoro con impegno, avvalendosi per i calcoli del fratello maggiore Giuseppe, ingegnere, e già nel 1919 sfornò la G.P. 500 (Guzzi-Parodi).
Questa moto era talmente avanzata – aveva un monocilindrico orizzontale superquadro a doppia accensione e quattro valvole con albero a camme in testa azionato da un albero a coppie coniche! – che il padre del Parodi, Emanuele Vittorio, acconsentì a finanziarne la costruzione in serie, ma solo a patto che la meccanica fosse semplificata, per renderla più facile da produrre e da vendere. Guzzi deve averci rimuginato un po’, ma alla fine si piegò; dalla G.P. trasse la Normale – si noti la leggera vena polemica – a due valvole con asta e bilanciere, e nel 1921 costituì la Società Anonima Moto Guzzi con i due Parodi – e altri due soci voluti da questi – che molto cavallerescamente rinunciarono a far apparire il proprio nome, in quanto meri finanziatori della sua attività. Come logo fu scelta l’Aquila, cioè lo stemma degli aviatori della Marina, adottato per la comune militanza e in memoria dell’amico scomparso.
A proposito della fondazione, il sito ufficiale della Casa afferma che Moto Guzzi “è la più antica casa costruttrice di motociclette in Europa”, ma in realtà non è del tutto vero. Triumph, nata nel 1884 come fabbrica di biciclette, aveva iniziato a costruire bicicli a motore già nel 1902 e realizzò la sua prima vera motocicletta nel 1915. Però il marchio inglese fallì nel 1985, per riaprire con una nuova proprietà e ragione sociale nel 1990, mentre Moto Guzzi, che pure attraversò varie e anche complicate vicende societarie nella sua lunga storia, non arrivò mai al fallimento né interruppe la produzione.
Giorgio Parodi (qui una sua biografia a cura dell’associazione Giorgio Parodi), che avrebbe alternato la direzione dell’azienda ai suoi impegni come aviatore militare fino alla sua scomparsa nel 1955, voleva a tutti i costi il successo nelle competizioni come veicolo pubblicitario, tanto che vi destinò le prime due Normale, e i successi non tardarono a diventare un elemento distintivo della Casa di Mandello, che tra il 1923 e il 1957 collezionò oltre 3.300 vittorie in competizioni sportive ufficiali. Con simili risultati, Moto Guzzi divenne presto simbolo per eccellenza di sportività e modernità e raggiunse un sempre maggior successo in Italia e all’estero, tanto da diventare nel 1930 il più grande costruttore di moto d’Europa. La spinta all’innovazione era evidente in ogni cosa; basti pensare, tra l’altro, all’indimenticabile GP500 da corsa con motore V8 e distribuzione a cascata d’ingranaggi del 1955, progettata dall’ing. Giulio Cesare Carcano, o alla galleria del vento, fortemente voluta dai fratelli Guzzi, costruita nel 1950 e inaugurata nel 1954, la prima al mondo di un costruttore di motociclette e la prima in assoluto in Europa.
Questa storia di successo ebbe una svolta improvvisa e fondamentale nel 1957, allorchè i principali costruttori motociclistici italiani – Moto Guzzi, Gilera, FB Mondial e MV Agusta, che all’ultimo cambiò idea – resero noto il loro patto per astenersi congiuntamente dalle competizioni sportive. La decisione fu presa sulla scorta del lancio delle Fiat 600 nel 1955 e 500 nel 1957, i cui prezzi finalmente accessibili dettero il via al boom dell’automobile in Italia. Ciò avrebbe sicuramente provocato una forte contrazione nelle vendite di motociclette, che fino ad allora erano state gli unici mezzi a motore che le famiglie italiane si erano potute permettere, perciò I tre costruttori ritennero necessario risparmiare i notevoli costi legati alle gare, in modo da ridurre i prezzi e migliorare la competitività. Grazie a questa tattica, in un primo periodo le immatricolazioni dei motocicli in Italia continuarono effettivamente a crescere, dalle 251.000 unità del 1957 fino alle 283.000 del 1961, ma da lì presero a scendere inesorabilmente fino al minimo drammatico di 55.000 pezzi nel 1970 (fonte: http://www.ancma.it/wp-content/uploads/2021/11/Immatricolazioni-serie-storica-1.pdf). Allo stesso tempo, però, il reddito medio della popolazione stava aumentando, perciò un crescente numero di appassionati iniziò a pensare alla moto come a un fantastico giocattolo con cui divertirsi nel tempo libero. Le vendite di motocicli cominciarono quindi a risalire, ma questo nuovo pubblico privilegiava i modelli che vincevano le gare, perciò Moto Guzzi si trovò spiazzata, lasciando così la porta aperta alla sempre più agguerrita concorrenza giapponese.
Dopo la morte di Carlo Guzzi nel 1964, la Casa continuò a innovare la produzione e nel 1965 fu lanciata la nuovissima V7, equipaggiata con un 700 cc V2 a 90° trasversale ad aste e bilancieri con trasmissione finale ad albero cardanico progettato da Carcano – già autore della V8 – che sarebbe diventato negli anni la base per una miriade di varianti di cilindrata anche molto superiore ed è tuttora il simbolo per antonomasia delle moto di Mandello. Ma i conti non smisero di peggiorare, perciò l’azienda fu ceduta nel 1967 alle banche creditrici, che per gestirla costituirono la SEIMM (Società Esercizio Industrie Moto Meccaniche). In questo periodo l’ing. Lino Tonti, proveniente dall’aeronautica e subentrato a Carcano, modificò la V7 per battere il record di velocità della propria classe in pista. L’impresa riuscì, ma la moto era pesante e non adatta alle gare, perciò Tonti ne trasse la ben più leggera V7 Sport nel 1971, che segnò il ritorno di Moto Guzzi nelle competizioni, con buoni successi alla 500 km di Monza e al Bol d’Or. Moto straordinaria e iconica, con il suo particolare telaio attillato e scomponibile in tubi dritti, inizialmente verniciati di rosso per metterne in risalto la novità, batteva le concorrenti giapponesi a 4 cilindri per le prestazioni e la ciclistica di assoluto rilievo.
Purtroppo però costava una volta e mezzo la Honda 750, per cui non risolse i problemi economici dell’azienda.
Nel 1973 Moto Guzzi visse lo smacco di farsi rilevare dalla nemica Benelli, facente parte del gruppo De Tomaso Industries di Alejandro De Tomaso. Come sua abitudine, l’imprenditore argentino lanciò subito un piano di rinnovamento roboante basato sullo sviluppo rapido – di solito a discapito dell’affidabilità – di numerosi nuovi modelli, ma convinto che per rilanciare il marchio bisognasse imitare i giapponesi, abbandonò le corse e lo sviluppo di quella che in seguito sarebbe diventata la 850 Le Mans e piazzò il logo dell’Aquila sul serbatoio di moto Benelli a quattro cilindri in linea. Questa strategia però fu disastrosa per le vendite, perciò De Tomaso tornò a puntare di nuovo sulla V7 Sport, che tra l’altro fu aggiornata con la frenata integrale, riavviò il progetto della Le Mans, impostò nuovi modelli, tra cui la famosa cruiser California, e lanciò un nuovo V2 – denominato small block per distinguerlo dal fratello maggiore – progettato da Tonti e inaugurato con le V35 e V50 del 1977.
I conti però continuarono ad andare male. In questo travagliato periodo Moto Guzzi passò attraverso varie fusioni e acquisizioni, finché nel 2000 fu ceduta a Ivano Beggio, proprietario di Aprilia. Questi era mosso dall’amore per le creature di Mandello e aveva le migliori intenzioni, ma l’acquisto contribuì a minare la sua stabilità finanziaria e alla fine fu costretto nel 2004 a cedere entrambi i marchi al gruppo Piaggio.
Con la nuova gestione, tuttora in corso, Moto Guzzi avviò una fase di ripresa. Le nuove Breva V1100, Norge, Griso e la maxienduro Stelvio, pur basate su evoluzioni del vecchio big block di Carcano, erano nel complesso moto moderne, grazie anche alla nuova sospensione posteriore a quadrilatero antidive Ca.R.C. (Cardano Reattivo Compatto), e soprattutto nella versione con motore 1200 8V, a 4 valvole per clindro con albero a camme in testa, erano senz’altro all’altezza delle loro concorrenti dirette, cioè le BMW R con motore boxer. Tuttavia, la loro buona carriera commerciale terminò tra il 2011 e il 2016 senza che fosse pronto alcun modello a sostituirle. L’imponente e splendida cruiser California 1400 del 2012 non fu mai premiata dalle vendite e scomparve dai listini nel 2020, per cui le fortune di Moto Guzzi gravarono per lunghi anni in larga parte sulle spalle di due soli modelli, l’eterna cruiser media Nevada, uscita di scena nel 2016, e soprattutto la V7 Classic del 2008. Dichiaratamente ispirata alla V7 Sport del 1971, questa naked era sostanzialmente una versione retrò della Breva prima serie – impostata nell’era Beggio – e come tale era priva della sospensione a quadrilatero Ca.R.C. e montava lo stesso, sonnacchioso 750 cc small block da 48 CV. Si trattava di una moto adatta più a una clientela risvoltini e apericena che allo zoccolo duro degli affezionati dell’Aquila, ma piacque e continua a piacere tuttora a quel pubblico e quindi dobbiamo esserle riconoscenti, perché senza di lei, Moto Guzzi si sarebbe probabilmente estinta.
La cruiser V9 del 2017, equipaggiata con uno small block da 850 cc e 55 CV un po’ ammodernato – aveva anche il ride-by-wire – e soprattutto la successiva e particolarmente ben riuscita crossover V85TT del 2019, con motore sempre da 850 cc ma ulteriormente migliorato – valvole di aspirazione in titanio e ben 76 CV – non passeranno alla storia come avamposti della tecnologia, ma hanno aiutato la V7 a portare ossigeno nelle casse di Mandello e questo ha permesso ai tecnici di lavorare in gran segreto a un nuovo modello che rilanciasse l’Aquila. Il risultato di questo sforzo è stato svelato nel settembre 2021, pochi mesi dopo il centenario dalla fondazione, con questo video.
Dopo una gestazione ritardata anche dalla pandemia, era finalmente nata la V100 Mandello, la moto totalmente inedita con cui Moto Guzzi ha ritrovato il proprio DNA originario di costruttore di moto sportive e innovative. L’ho analizzata a fondo e di seguito vi racconto tutto quello che ho scoperto.
Com’è
Aspetto
L’aspetto della V100 è Moto Guzzi al 100%, perché richiama in modo evidente alcuni modelli del passato, di cui ripropone l’aspetto generale e diversi elementi stilistici, ma allo stesso tempo è molto moderna e a vederla nel salone in concessionaria accanto agli altri modelli della gamma attuale fa la figura di un F35 in mezzo ai biplani. È caratterizzata da una snella carenatura culminante in un piccolo parabrezza e quindi si pone a metà tra una naked e una sport tourer, una soluzione già vista in passato, per esempio sull’ottima Yamaha TDM. Ovviamente, la novità della linea e la scelta non convenzionale dell’impostazione generale non hanno mancato di dividere la categoria più tradizionalista del genere umano – sì, proprio noi motociclisti – in entusiasti totali e critici perplessi. I commenti di questi ultimi spaziano da “è troppo moderna” a “potevano osare di più” passando per “non è né carne né pesce” a “non si può guardare”, e penso davvero che gli uffici design e marketing facciano un gran brutto mestiere.
A me piace molto, sia per il design in sé, innovativo e non banale, sia perché mi ha fatto subito venire in mente modelli che ho amato molto quando ero ragazzo, come la 850 Le Mans III e la V35 Imola. Tra i vari dettagli, trovo molto belli il faro anteriore full led a sviluppo orizzontale e dotato della ormai classica luce di posizione/diurna a forma di aquila stilizzata, il fanalino a doppia fetta di salame, simile a quello della V85TT, lo scarico corto che lascia in piena vista il bel cerchio posteriore, il raccordo smussato e tipicamente Moto Guzzi tra serbatoio e sella e le maniglie del passeggero aperte posteriormente. Colpiscono il disegno ricercato, la qualità della costruzione e della componentistica e la perfetta integrazione di tutti i particolari; niente è fuori posto e l’insieme trasmette una appagante sensazione di precisione e solidità, ancora migliore di quella già notevole delle California 1400.
La moto è equipaggiata di serie con un raffinato parabrezza a comando elettrico, di cui è disponibile anche una versione maggiorata, e dell’innovativa aerodinamica adattiva, costituita da due deflettori, che a quadro spento sono inseriti nella carenatura del serbatoio, ma possono aprirsi automaticamente grazie a due motorini elettrici, per aumentare la protezione alle gambe e alla parte bassa del corpo. Si tratta di una prima assoluta, che non a caso proviene da un’azienda che ha 70 anni di esperienza in aerodinamica. Le uniche cose simili che conosco sono le alette presenti ai lati della carenatura delle BMW K1600 e delle vecchie K1200LT, che però sono regolabili manualmente.
Versioni e dotazione
La moto è disponibile in due livelli di allestimento, base ed S, che si distinguono per la dotazione di serie e la colorazione. La base può essere bianca – a mio parere molto riuscita – o rossa metallizzata, mentre la S è fornita in due livree bicolori metallizzate di un certo effetto, una grigia e verde e l’altra su due toni di grigio. C’è anche una versione speciale Aviazione Navale, realizzata in 1913 esemplari – come l’anno di nascita del Corpo in cui militarono i fondatori di Moto Guzzi – e caratterizzata da una bella livrea grigia con stemmi e particolari ispirati ai caccia imbarcati.
La versione base è equipaggiata come segue:
- impianto luci full LED con luce diurna
- cornering lights
- cornering ABS
- traction control
- cruise control
- riding modes
- strumentazione TFT da 5″ a colori
- aerodinamica adattiva
- parabrezza regolabile elettricamente
- presa USB sotto la sella del passeggero
La versione speciale Aviazione Navale in più comprende:
- monitoraggio pressione pneumatici
- manopole riscaldate
- numero di serie inciso al laser sul riser del manubrio
- targa celebrativa
- telo coprimoto dedicato.
La versione S in più della base offre quanto segue:
- sospensioni adattive Öhlins Smart EC 2.0
- monitoraggio pressione pneumatici
- manopole riscaldate
- quickshifter bidirezionale
- sistema di connettività con lo smartphone Moto Guzzi MIA, pienamente compatibile con Android e iPhone.
In afermarket sono disponibili i seguenti accessori.
- Solo per la versione base:
- monitoraggio pressione pneumatici (di serie sulla Aviazione Navale)
- manopole riscaldabili (di serie sulla Aviazione Navale)
- quickshifter bidirezionale
- sistema di connettività Moto Guzzi MIA
- Per tutte le versioni:
- valigie laterali
- portapacchi
- topcase
- cavalletto centrale
- antifurto
- faretti fendinebbia
- parabrezza maggiorato Touring
- presa USB supplementare a sinistra del cruscotto
- paramotore
- parateste
- sella confort riscaldabile alta, media o bassa
- sella confort passeggero.
La V100 è inoltre predisposta per essere equipaggiata con il sistema LCDAS, cioè il radar che segnala la presenza di oggetti negli angoli morti posteriori mediante un simbolo di pericolo sullo specchietto corrispondente e un’area arancione sul corrispondente lato inferiore della strumentazione. Questo accessorio non è al momento ordinabile, ma in Guzzi promettono che sarà disponibile presto.
L’esemplare provato era nella versione base, che comunque offre già una dotazione piuttosto completa.
Ciclistica
La V100 è tutta nuova e non ha praticamente alcun elemento in comune con le altre Guzzi. Il telaio è in tubi di acciaio, con il motore che partecipa come elemento stressato. La forcella è a steli rovesciati, mentre al retrotreno c’è un semplice ed elegante forcellone monobraccio in alluminio incernierato direttamente al motore, con un monoammortizzatore laterale opportunamente inclinato in avanti, in modo da assicurare la progressività del molleggio senza dover ricorrere a cinematismi. Nel monobraccio, che a differenza che sulle altre Moto Guzzi si trova a sinistra, è alloggiato il cardano, le cui caratteristiche – che vedremo nel paragrafo sulla trasmissione – hanno consentito di eliminare la necessità del Ca.R.C., a tutto vantaggio della semplicità e della pulizia estetica.
La versione base monta sospensioni Kayaba, con forcella da 41 mm regolabile nel precarico e in estensione e mono pure regolabile nel precarico – mediante un pomello particolarmente morbido e ben posizionato – e in estensione. La S invece è equipaggiata con sospensioni adattive Öhlins – forcella Smart EC 2.0 da 43 mm e mono Smart TTX EC 2.0 – entrambe regolabili elettricamente in compressione ed estensione, mentre la regolazione del precarico posteriore – in realtà è possibile regolare anche quello anteriore, ma la Casa raccomanda di non toccarlo – è sempre con pomello manuale, scelta che potrebbe non piacere ad alcuni, ma offre il vantaggio di poter personalizzare la regolazione in modo fine in base al peso di pilota e passeggero, anziché dover subire le posizioni predefinite che i sistemi a regolazione elettrica di solito offrono.
La moto pesa 233 kg in ordine di marcia con il pieno di 17 litri e le sue principali quote ciclistiche sono le seguenti:
- escursione anteriore 130 mm
- escursione posteriore 130 mm
- interasse 1.475 mm
- avancorsa 104 mm
- angolo di inclinazione dello sterzo 24,7°.
Le misure sono quelle che ci si aspetterebbe da una turistica con velleità sportive. Interessante il valore dell’interasse, mediamente più corto rispetto alla maggior parte delle altre Moto Guzzi.
Le ruote sono in lega con pneumatici tubeless, nelle consuete misure 120/70 ZR 17 su cerchio da 3,5 x 17” all’anteriore e 190/55 ZR 17 su cerchio da 6 x 17”. L’esemplare provato era equipaggiato con pneumatici Pirelli Angel GT II, adatti al genere di moto.
Motore
Il motore della V100 conserva lo schema a due cilindri a V di 90° disposti trasversalmente, ma per il resto non ha niente a che spartire con quanto visto in precedenza a Mandello. Caratterizzato da un design particolarmente moderno, è raffreddato a liquido e controllato da un sistema ride-by-wire, ha distribuzione a quattro valvole per cilindro con doppio albero a camme in testa e bilancieri a dito e presenta le teste ruotate di 90° rispetto ai suoi predecessori – aspirazione e scarico ora si trovano rispettivamente sopra e sotto i cilindri anziché dietro e davanti, similmente a quanto fatto in BMW sui boxer raffreddati a liquido – per migliorare i flussi di alimentazione e aumentare lo spazio a disposizione del pilota. È dotato di un albero controrotante, per ridurre quasi a zero la coppia di rovesciamento tipica dei motori ad albero longitudinale, mentre la lubrificazione, definita a carter secco nella scheda tecnica, in realtà è a carter semi-secco – soluzione già vista sulla V85TT – perché la coppa dell’olio, posta comunque nel basamento, comunica con la camera di manovella solo attraverso una valvola lamellare. In questo modo migliora la lubrificazione in presenza di forti accelerazioni e si riduce la formazione di schiume nel motore, con lieve vantaggio nel rendimento e quindi dei consumi. La progettazione molto razionale ha consentito di ottenere un basamento di circa 10 cm più corto dello small block che equipaggia la V85TT, nonostante la maggior cilindrata, e questo assicura una maggiore abitabilità – le teste sono ben lontane dalle ginocchia – e consente la semplificazione del forcellone vista sopra.
Con una cilindrata di 1.043 cc – alesaggio e corsa sono rispettivamente 96 e 72 mm – la potenza massima è di 115 CV a 8700 giri/min con il limitatore fissato a 9.500 giri – e ciò rende la Mandello la moto di serie più potente della storia di Moto Guzzi – mentre la coppia massima, che ha un picco di 105 Nm a 6.750 giri/min, è elevata soprattutto ai regimi medio-bassi – a 3.500 giri sono già disponibili 86 Nm e a 5.500 ce ne sono 100 – e ha comunque un andamento molto regolare lungo tutto l’arco di utilizzo.
Trasmissione
Il cambio, pur utilizzando alcuni accorgimenti introdotti sulla V85TT per migliorare la manovrabilità, è tutto nuovo e per la prima volta in Moto Guzzi è disponibile – solo sulla versione S e di serie – l’assistenza alla cambiata sia a salire che a scalare, quest’ultima disinseribile mediante i menù, il che è un’ottima cosa, perché consente al pilota di divertirsi a pizzicare il gas in scalata, cosa che sarebbe impedita dalla logica un po’ ottusa di questi sistemi.
I rapporti di trasmissione sono i seguenti:
Marcia | Rapporto |
---|---|
Riduzione primaria | 1,548 |
1a | 2,642 |
2a | 1,941 |
3a | 1,550 |
4a | 1,272 |
5a | 1,083 |
6a | 0,960 |
Riduzione finale | 3,166 |
Le velocità a 1.000 giri e ai regimi ai quali il motore comincia a tirare con vigore ed esprime la potenza massima sono le seguenti.
Marcia | Velocità a 1.000 giri/’ | Velocità a 4.000 giri/’ | Velocità a 8.700 giri/’ |
---|---|---|---|
1a | 9,3 | 37,3 | 81,2 |
2a | 12,7 | 50,8 | 110,5 |
3a | 15,9 | 63,6 | 138,3 |
4a | 19,4 | 77,5 | 168,6 |
5a | 22,8 | 91,0 | 198,0 |
6a | 25,7 | 102,7 | 223,4 |
Il campo di utilizzo molto ampio e la rapportatura relativamente corta – la velocità massima coincide praticamente con il regime di potenza massima – rendono possibile viaggiare quasi sempre in sesta in souplesse, a vantaggio anche dei consumi.
La frizione, anch’essa al di fuori dagli schemi classici Moto Guzzi, è multidisco in bagno d’olio e antisaltellamento ed è azionata da una raffinatissima pompa radiale simmetrica a quella del freno anteriore.
L’albero di trasmissione ha un solo giunto cardanico all’uscita del cambio, come tradizione della Casa, è incernierato più in basso del solito ed è particolarmente lungo, grazie alla notevole compattezza del nuovo motore. Grazie a tali caratteristiche, i tecnici Moto Guzzi affermano di aver ottenuto un comportamento analogo a quello delle moto con trasmissione a catena – cioè senza estensione della sospensione in accelerazione – nonostante l’assenza del parallelogramma Ca.R.C.
Freni
La V100 è equipaggiata con due dischi anteriori da 320 mm con pinze radiali Brembo a quattro pistoncini azionate da una pompa radiale attraverso tubi in treccia metallica, mentre al posteriore c’è un disco da 280 mm con pinza flottante Brembo a due pistoncini. L’impianto frenante è di tipo tradizionale a canali separati e su entrambe le versioni è presente di serie l’ABS con funzione cornering.
Sistemi avanzati di assistenza alla guida (ADAS)
Dal punto di vista degli aiuti elettronici alla guida, la Mandello è equipaggiata di serie con una piattaforma inerziale a 6 assi e offre in entrambe le versioni le seguenti funzionalità:
- Cornering ABS – sistema frenante antibloccaggio con controllo del sollevamento della ruota posteriore e Funzione cornering, che riduce la potenza frenante iniziale all’anteriore quando la moto è inclinata e serve a limitare al massimo gli effetti di un azionamento troppo brusco del freno anteriore in curva
- TPMS (Tyre Pressure Monitoring System) – monitoraggio della pressione degli pneumatici, presente solo sulla S
- MGQS (Moto Guzzi Quick Shifter) – assistente alla cambiate funzionante a salire e a scalare, con la particolarità che si può disattivare da menù l’intervento in scalata
- Cruise Control
- Riding mode – sono quattro, Sport, Strada, Turismo e Pioggia e agiscono sui quattro sistemi che seguono:
- MGCM (Moto Guzzi Controllo Motore) – sistema che varia l’erogazione del motore in rapporto alla posizione del gas
- MGCT (Moto Guzzi Controllo di Trazione) – sistema antipattinamento che tiene conto dell’angolo di inclinazione della moto
- MGCA (Moto Guzzi Controllo Aerodinamica) – imposta il funzionamento delle alette poste ai lati del serbatoio, che possono restare sempre chiuse o sempre aperte o si possono aprire al superamento di una certa velocità
- MGCS (Moto Guzzi Controllo Sospensioni) – solo sulla versione S, agisce sulle sospensioni semiattive Öhlins, che mettono a disposizione le seguenti modalità:
- Automatic Dynamic – le sospensioni si adattano automaticamente al percorso e allo stile di guida
- Automatic Confort – come il precedente, ma più morbido
- Manual Dynamic – le sospensioni si comportano come se fossero non adattive
- Manual Confort– come il precedente, ma più morbido.
Comandi
I comandi al manubrio sono classici, ben fatti e gradevoli anche al tatto.
Nel blocchetto di sinistra sono presenti:
- sul lato anteriore, la levetta per il devioluci, del tipo che si tira per lampeggiare e si spinge in fuori per commutare in abbagliante
- il comando di tipo tradizionale delle frecce, dotate in movimento dello spegnimento automatico, che avviene dopo 500 m o 40 s.
- Il tasto del clacson — la solita robaccia da scooter purtroppo quasi universalmente diffusa — posto correttamente sotto al comando delle frecce (spero che in Honda mi leggano)
- i quattro tasti classici per la navigazione nei menù, di cui il sinistro (Mode Set) serve solo per confermare e gli altri per spostarsi
- in alto, il cursore del cruise control di serie che, dopo aver letto il manuale – non perché sia complicato, ma è diverso dal sistema BMW a cui sono abituato – si rivela molto funzionale. Si noti che a differenza che su altre moto, qui non è possibile interrompere la regolazione automatica pizzicando al volo la frizione, perché per riuscirci bisogna proprio tirarla tutta. Abituato (male) a fare così da sempre, ho rischiato di peccare di sodomia con un camion (il primo che coglie la dottissima citazione vince una birra presso il Vinnico Wine Bar a Roma).
Quando il cruise control è spento, lo stesso comando può essere usato per cambiare al volo il settaggio del controllo di trazione con qualsiasi schermata.
Il tasto Mode set del tastierino consente anche di accedere rapidamente alla regolazione elettrica del parabrezza mediante i tasti di navigazione su e giù.
Sul blocchetto di destra ci sono:
- il razionale tasto a bilanciere per l’avviamento del motore e lo spegnimento di emergenza
- in basso, il tasto per cambiare riding mode
- in alto, il tasto per la commutazione tra luci diurne e notturne – che comunque può essere impostata come automatica mediante il menù – e, con una pressione prolungata, per l’attivazione degli eventuali fendinebbia optional.
Neanche sulla S è previsto il sistema keyless, cosa che aumenta notevolmente la mia già alta stima per la Mandello, visto che, come è ormai noto a chi mi legge, considero questo sistema solo fonte di inutili complicazioni. Per contro è assente il tasto delle quattro frecce, però è possibile impostare la loro accensione automatica durante una frenata di emergenza ed è sempre prevista la loro attivazione negli eventuali casi di avaria grave che comportano il rischio di rallentamento della moto.
Display
La V100 è dotata di serie di una bel display TFT a colori con display da 5″ alloggiato in una cornice contenente varie spie di base: immobilizer/cambio marcia, indicatori di direzione, ABS, cruise control, abbaglianti, avaria motore, traction control, riserva e folle. La navigazione si effettua attraverso i quattro tasti sul blocchetto sinistro e sono disponibili le seguenti schermate.
Schermata base
Dedicata alla guida, è gradevole e mostra in un’unico colpo d’occhio tutto quello che c’è da sapere:
- tachimetro digitale
- contagiri analogico
- livello carburante
- temperatura acqua
- marcia inserita
- riding mode attivo
- ora
- temperatura ambiente
- quando il cruise control è attivo, la velocità impostata
- quando la moto entra in riserva, l’autonomia residua
- spia del cavalletto aperto
- una miriade di altre spie e indicatori di tutti i vari accessori di serie e a richiesta
L’area inferiore è destinata ad ospitare messaggi di allarme e indicazioni di vario genere, mentre un’ampia area a sinistra è dedicata alle seguenti schede, accessibili premendo il tasto destro:
- due diari di viaggio, uguali tra loro e ovviamente azzerabili separatamente
- settaggio manopole riscaldate (se presenti)
- settaggio sella pilota riscaldata (se presente)
- pressione pneumatici (se è presente il sistema MIA)
- Informazioni relative alle chiamate telefoniche (se è presente il sistema MIA)
- Informazioni relative a brani musicali (se è presente il sistema MIA)
- Informazioni diverse relative al sistema multimediale (se è presente il sistema MIA)
A loro volta, i diari di viaggio permettono, premendo i tasti su e giù, di visualizzare in alternativa i seguenti dati:
- contachilometri totale
- contachilometri parziale
- tempo di percorrenza
- velocita’ massima
- velocita’ media
- consumo medio
- consumo istantaneo
- percorrenza in riserva (solo con spia riserva accesa)
- settaggio del MGCT (Moto Guzzi Controllo Trazione)
Schermata Navi
La schermata Navi, disponibile solo se è presente il sistema multimediale MIA, è analoga a quella base e comprende tutte le informazioni importanti e le aree informative inferiore e sinistra già presenti in essa, ma presenta un tachimetro digitale e un indicatore della marcia inserita più piccoli per fare spazio alle indicazioni grafiche relative alla prossima svolta, al limite di velocità corrente e alla svolta successiva, tratte dal programma di navigazione GPS dello smartphone. Altre informazioni appaiono nella barra inferiore – nome della strada percorsa e direzione del nord, mentre l’indirizzo di destinazione è richiamabile tra le schede nell’area sinistra.
Schermata Launcher Menu
Da questa schermata è possibile accedere ai diversi menù disponibili:
- Vehicle
- Service
- Dashboard
- Riding Mode
- Multimedia (solo se è presente il sistema MIA)
- MGCS (Moto Guzzi Controllo Sospensioni, solo sulla versione S).
Ogni menù ha una grafica personalizzata con un’immagine del sistema al quale ogni voce è dedicata, e il tutto è davvero gradevole e ben fatto.
Vehicle
Comprende:
- Headlamp mode – imposta in automatico o manuale il passaggio da luci diurne a notturne
- Shift light – seleziona il regime al quale si deve accendere la spia del cambio marcia
- MGQS down (solo se è presente il quick shifter) – attiva o disattiva il quickcshifter in scalata
- Emergency brake – attiva o disattiva le quattro frecce nelle frenate di emergenza
- Calibration – permette di ricalibrare il controllo di trazione nel caso che vengano installati pneumatici di tipo diverso
- Radar posteriore – attiva o disattiva il radar, se presente
Service
Comprende:
- Change user code – imposta il codice personalizzato di sblocco in caso di guasto dell’immobilizer
- Code recovery – ripristina il codice di fabbrica qualora sisia dimenticato il codice
- Windshield (Parabrezza) – seziona la velocità massima di funzionamento del parabrezza elettrico (130 km/h per il parabrezza standard e 110 km/h per il Touring)
- altre voci riguardanti il software e riservate all’assistenza
Dashboard
Comprende:
- Backlight – regola la retroilluminazione del display
- Clock – regola l’ora e seleziona il formato
- Units – imposta separatamente le unità di misura di velocità, consumo, temperatura e pressione
- Language – imposta la lingua del cruscotto tra italiano, francese, inglese, tedesco e spagnolo
- Riding modes language – imposta la lingua dei nomi dei riding mode tra italiano e inglese
Riding Mode
Permette di personalizzare i quattro sistemi compresi in ciascuno dei quattro riding mode, scegliendo tra i seguenti settaggi:
- MGCM (e-gas) – 1 = aggressivo 2 = medio 3 = dolce
- MGCT (controllo trazione) – 1 = spento 2 = minimo 3 = medio 4 = massimo
- MGCA (alette retrattili) – Off = sempre chiuse On = sempre aperte On-km/h apribili a una velocità impostata a piacere
- MGCS (sospensioni adattive) – A1 = Automatic Dynamic A2 = Automatic Confort M1 = Manual Dynamic M2 = Manual Confort
I settaggi di fabbrica di tali sistemi sono i seguenti.
Riding Mode | MGCM (e-gas) | MGCT (controllo trazione) | MGCA (alette) | MGCS (sospensioni) |
---|---|---|---|---|
Sport | aggressivo | minimo | chiuse | Automatic Dynamic |
Strada | normale | medio | chiuse | Automatic Dynamic |
Turismo | normale | massimo | aperto da 60 km/h | Automatic Comfort |
Pioggia | dolce | medio | aperte | Automatic Comfort |
Appare curiosa la scelta di impostare il controllo trazione del mode Pioggia sul livello medio anziché massimo.
Multimedia
Presente solo se nel caso che la moto sia equipaggiata con il sistema Moto Guzzi MIA, comprende:
- Device status – lista dei dispositivi associati
- Device pairing – associa un dispositivo
- Reset pairing – resetta tutte le associazioni a dispositivi.
MGCS
Presente solo sulla versione S, permette di impostare i diversi parametri di ciascuna delle quattro modalità disponibili per le sospensioni.
- In Automatic Dynamic e Automatic Comfort – le modalità adattive – sono disponibili tre parametri: smorzamento anteriore, smorzamento posteriore e sostegno della forcella in frenata, regolabili su una scala da -5 (morbido) a + 5 (rigido)
- In Manual Dynamic e Manual Comfort, – le modalità non adattive – è possibile regolare elettricamente i freni idraulici in compressione ed estensione anteriore e posteriore su una scala da 1 (rigido) a 31 (morbido).
I settaggi di fabbrica dei parametri delle sospensioni sono i seguenti:
Parametro | Automatic Dynamic | Automatic Comfort | Manual Dynamic | Manual Comfort |
---|---|---|---|---|
Smorzamento anteriore | 0 | -5 | – | – |
Smorzamento posteriore | 0 | -5 | – | – |
Sostegno della forcella in frenata | 0 | -5 | – | – |
Freno idraulico in compressione anteriore | – | – | 28 | 31 |
Freno idraulico in estensione anteriore | – | – | 5 | 20 |
Freno idraulico in compressione posteriore | – | – | 30 | 31 |
Freno idraulico in estensione posteriore | – | – | 10 | 15 |
Illuminazione
La V100 dispone di serie di un impianto d’illuminazione full led e di serie delle cornering lights – le luci per migliorare la visibilità in curva. Esse funzionano con una logica diversa da quella che ho visto su altre marche, perché prevedono un solo faretto per parte anziché i soliti tre e si accendono solo quando la moto si inclina oltre 25° anziché quasi subito. Visto che di solito queste luci sono piuttosto fioche, mi viene da pensare che in Moto Guzzi abbiano badato al sodo e abbiano previsto un aiuto più efficace e solo per quando veramente serve, cioè appunto quando si piega parecchio e il faro punta troppo verso l’esterno. Purtroppo non ho avuto modo di verificarlo, perché di sera ho girato solo in città, dove l’illuminazione pubblica non consente di verificare, mentre in garage mi sono guardato bene dal raggiungere l’inclinazione necessaria. L’anabbagliante e gli abbaglianti funzionano comunque molto bene.
Come su molte moto, sulla V100 non è previsto un sistema veloce di regolazione in altezza del gruppo ottico in funzione del carico. Gli anabbaglianti si regolano individualmente agendo su due viti poste sotto il cruscotto, mentre l’abbagliante si regola con una vite posta sotto al cupolino. È quindi importante regolare il precarico quando si accoglie un passeggero, operazione peraltro resa molto semplice dalla presenza del comodo volantino.
Posizione di guida
La posizione di guida è comoda e molto più da naked che da sport tourer, con il manubrio abbastanza largo e aperto, il busto leggermente inclinato in avanti e le pedane ben distanziate dalla sella e moderatamente arretrate, La sella è abbastanza comoda e consente la più ampia libertà di movimento al pilota.
Non è previsto un kit di ribassamento né c’è una regolazione della seduta in altezza. Solo in aftermarket è possibile acquistare la sella confort riscaldata, attivabile attraverso i menù e disponibile in tre diverse misure. Le altezze della seduta possibili sono le seguenti:
- sella bassa confort 800 mm
- sella di serie e sella media confort 815 mm
- sella alta confort 835 mm
Gli specchi sono buoni e ben distanziati, si trovano ad altezza tale da non interferire troppo con quelli delle auto, non vibrano in modo evidente e consentono una buona visuale. Se è presente il radar posteriore, contengono l’indicatore di pericolo che si affianca a quello che appare sul display LCD.
Passeggero
Il passeggero siede su una sella separata abbastanza ampia e comoda – ma non riscaldabile – dispone di un bel paio di maniglie comode e poggia i piedi su pedane un po’ più alte rispetto a quelle del pilota, ma che comunque consentono una posizione comoda.
Capacità di carico
La V100 è pensata per viaggiare anche in coppia e può essere equipaggiata a richiesta con motovaligie rigide bicolore grigio chiaro e scuro da 30 e 29 litri dedicate, belle e ben integrate con la linea della moto, che si agganciano direttamente senza necessità di telaietti e sono chiuse con la chiave di accensione, e con un bauletto da 37 litri pure bicolore che invece richiede l’acquisto del portapacchi specifico. Questo è sicuramente robusto – l’omologazione è per 12 kg – ma non bello né all’altezza del resto della moto, e impone anche una posizione del bauletto un po’ troppo rialzata.
È inoltre presente un (molto) piccolo vano portaoggetti sotto la sella del passeggero, dotato di serie di una presa di ricarica USB.
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Come va
Motore
Il nuovo bialbero si avvia prontamente e senza i soliti scuotimenti trasversali tipici delle altre Moto Guzzi, ha un minimo regolarissimo intorno ai 1400 giri/min e all’apertura del gas prende i giri piuttosto rapidamente e non presenta quasi alcuna coppia di rovesciamento, grazie al contralbero anticoppia e al generale lavoro di riduzione delle inerzie. Inoltre, è del tutto privo di rumoracci parassiti dovuti alla distribuzione ad aste e bilancieri o ad altro, mentre lo scarico è civile, ma lascia sempre sentire la bella nota tipica del V2. Insomma, volendo sintetizzare, questo bicilindrico suona decisamente come un Moto Guzzi, ma sembra fabbricato da Honda, e parlando di motori, non saprei inventarmi un complimento migliore.
In movimento, il V2 accetta tranquillamente di girare a regimi anche molto bassi, tanto che è possibile accelerare in 6° da 40 km/h (corrispondenti a circa 1.550 giri) a pieno gas con un po’ di vibrazioni e già dai 50 km/h (1.950 giri/min) gira rotondo e inizia a tirare in modo soddisfacente.
In accelerazione, il motore offre una spinta consistente e regolare fin da 2.000 giri, che cresce progressivamente senza salti, diventa notevole già sui 4.000 giri e rimane tale fino al regime di potenza massima, oltre il quale decisamente non conviene andare, perché la coppia si affievolisce subito, anche se il motore continuerebbe a salire di giri senza alcun aumento delle vibrazioni. Non stiamo parlando di una moto strappabraccia, ma c’è abbastanza potenza per divertirsi molto e non soffrire di complessi d’inferiorità nei confronti di nessuno nell’uso stradale.
La risposta alla rotazione della manopola del gas varia sensibilmente tra le diverse modalità, da dolce in Pioggia a bella pronta in Sport ed è sempre perfettamente adeguata alla situazione. Le diverse modalità di guida non influiscono sulla coppia del motore.
Il test si è svolto a gennaio con temperature pari o inferiori ai 10 gradi, quindi non ho potuto rilevare eventuali problemi di calore.
Accelerazione
La V100 sorprende, perché a sensazione scatta decisamente meglio di qualsiasi altra Moto Guzzi di serie che ho provato in precedenza. Non mi riferisco certo alla V85TT e tanto meno alle V7 e V9, il paragone sarebbe impietoso, ma al Griso 1200 8v, che era la più leggera tra le moto equipaggiate con il big block più potente di sempre (110 CV), ma nonostante questo dava comunque quella sensazione di inerzia da grandi masse volaniche tipica dei V2 della casa, che qui invece è del tutto assente.
Lo spunto alla partenza è immediato, grazie alla prima corta, alla frizione pastosa e alla coppia ben distribuita, e la moto continua ad accelerare con vigore in tutte le marce, spaziate in modo perfettamente uniforme tra loro. Ovviamente non siamo ai livelli di una supersportiva – il rapporto peso potenza è circa la metà rispetto a una 1000 race replica – ma la V100 si difende molto bene nei confronti della concorrenza di cilindrata pari e anche superiore, perché spalancando il gas ce n’è abbastanza per divertirsi parecchio e allo stesso tempo si vive la gratificante sensazione di non essere appesi all’elettronica per sopravvivere, che comunque è discretamente presente a impedire le impennate in prima.
Ho svolto i test di accelerazione in Sport, ma penso che i risultati sarebbero stati pressoché equivalenti anche con le altre modalità.
La V100 raggiunge i 100 km/h con partenza da fermo dopo 4,28 s e 63,1 m e i 200 km/h con partenza da fermo dopo 15,07 s e 554,5 m. L’assenza del quickshifter nella versione base provata fa perdere poco tempo nelle cambiate – circa 0,3 s s, vista la prontezza del cambio, ma impatta anche sullo 0-100, perché il passaggio in seconda avviene a circa 80 km/h; sono quindi sicuro che con la S si possano ottenere tempi ancora migliori. Sulla carta questi tempi potrebbero sembrare a qualcuno non particolarmente esaltanti – in giro si leggono in generale numeri calcolati che non hanno riscontro con la realtà – ma garantisco che sono decisamente adeguati, in sella la sensazione è quella di uno scatto molto brioso.
Ripresa nel rapporto superiore
La 6a relativamente corta della V100 (25,7 km/h a 1.000 giri/min) e la regolarità della coppia conferiscono alla V100 prestazioni in ripresa di rilievo assoluto. Inoltre, la capacità del motore di girare anche a regimi molto bassi mi ha permesso di effettuare la prova nel rapporto superiore spalancando il gas addirittura da 40 km/h, corrispondenti a 1.560 giri/min, cioè poco sopra al regime di minimo, una prestazione degna di un 4 cilindri. In tal caso le vibrazioni sono ovviamente evidenti, ma il motore riprende senza alcuna esitazione e già a partire già dai 50 km/h inizia a girare bello rotondo e a spingere con decisione crescente.
Il passaggio da 40 a 120 km/h in 6a avviene in 9,63 s, un tempo eccellente per una tourer, non solo rispetto alla cilindrata, ma in assoluto, praticamente identico a quello già ottimo fatto segnare dalla mia K1200GT e quasi a livello degli 8,8 s ottenuti con la K1600 6 cilindri. Tradotto in pratica, tutto questo significa che la V100 si muove su strada con la souplesse delle grandi, cioè viaggia bene anche a pieno carico e consente di effettuare la maggior parte dei sorpassi senza essere costretti a scalare marcia.
Trasmissione
La frizione in bagno d’olio è relativamente morbida – la pompa radiale fa una grande scena, ma non porta vantaggi evidenti – perfettamente modulabile e resistente agli strapazzi.
Il cambio di serie è perfetto, molto preciso e dalla corsa corta. L’esemplare provato era privo di quickshifter, quindi non posso dire niente al riguardo. La spaziatura regolarissima tra le marce consente di avere sempre il regime giusto per ogni necessità. In particolare, quando si è in 6a e si vuole fare un sorpasso decisamente veloce, basta scalare una sola marcia per ottenere tanta spinta in più, cosa non del tutto scontata su altre moto; per esempio, sulla possente K1600 a 6 cilindri, che ha la 5a molto vicina alla 6a, se si vuole fare un sorpasso particolarmente veloce, è meglio passare alla 4a.
La trasmissione finale a cardano non presenta giochi evidenti, è perfettamente silenziosa e funziona in modo impeccabile. Posso confermare che si comporta come un Ca.R.C. o un Paralever BMW, ma con una semplicità costruttiva disarmante, davvero complimenti.
Freni
La frenata della V100 è pronta, potente, resistente, perfettamente modulabile e, soprattutto, estremamente efficace, grazie anche al baricentro sicuramente piuttosto basso e all’interasse non particolarmente corto, caratteristiche che riducono la tendenza a sollevare la ruota posteriore. I numeri sono da record: la Mandello si ferma dai 120 km/h in 3,63 s e 64,40 m, lasciando al palo anche una naked da sparo come la BMW S1000R, che necessita rispettivamente di 3,95 s e 69,0 m.
L’ABS è comunque tarato in modo piuttosto aggressivo, perché la decelerazione massima possibile è impressionante – mediamente intorno a 1 g! – e solo nelle frenate di emergenza appare qualche lieve serpeggiamento alla ruota posteriore, che comunque non impensierisce.
L’ABS funziona molto bene ed è assente qualsiasi fenomeno di moto che scappa in avanti. La funzione cornering limita al massimo gli scompensi nell’assetto quando si frena bruscamente in curva. Nel caso che si azioni il freno anteriore in curva con decisione, l’ABS interviene con largo anticipo rispetto all’effettiva perdita di aderenza, limitando drasticamente la potenza frenante anteriore nei primissimi istanti, per poi rendere via via possibile una decelerazione sempre maggiore. In questo modo l’inizio della frenata in curva è reso sempre molto progressivo, come se si tirasse la leva lentamente anziché di scatto, a tutto vantaggio della stabilità.
Sterzo e assetto
Lo sterzo della V100 è impeccabile, preciso e pronto quanto si può desiderare e mai affaticante.
La forcella a steli rovesciati Kayaba di questa versione base è molto scorrevole e ben sostenuta anche nelle frenate più violente, mentre il mono nella regolazione di serie è forse un po’ rigido – almeno per la schiena di uno splendido 57enne – ma migliora agendo sul registro a vite. La moto comunque si muove in modo omogeneo, senza scompensi fra anteriore e posteriore, non pompa in alcuna occasione e l’ottimo controllo delle masse sospese che ne deriva rende la Mandello molto efficace e reattiva nella guida sportiva.
In città
La V100 non è leggerissima sulla bilancia, ma il baricentro basso, l’interasse relativamente corto – soprattutto rispetto alla media delle Moto Guzzi – il manubrio abbastanza largo e la compattezza delle dimensioni la rendono molto facile e agile in città. Inoltre è piuttosto snella in vita e questo facilita l’appoggio ai meno alti, che comunque hanno la possibilità di acquistare una sella più bassa. Il motore gestibilissimo – anche nella modalità Sport – e la frizione pastosa completano un quadro ottimo, che sarebbe eccellente se le sospensioni assorbissero meglio le sconnessioni profonde. I romani faranno bene ad acquistare la S con le sospensioni adattive Öhlins.
Nei trasferimenti extraurbani
La V100 è una moto piuttosto comoda, grazie al regime tutto sommato di riposo – a 130 km/h in 6a il motore è a 5.000 giri — all’assenza di vibrazioni fastidiose, alla posizione di guida molto naturale, alla sella comoda e al molleggio un po’ rigido su questa versione base, ma comunque soddisfacente. La protezione aerodinamica offerta dalla snella carenatura è buona; alzando il parabrezza ovviamente aumenta e il flusso d’aria che raggiunge il casco rimane sempre perfettamente pulito. Per chi comunque vuole di più è anche possibile montare il parabrezza maggiorato Touring. Le alette dell’aerodinamica adattiva non hanno effetto sul torace e sulla testa e quindi la loro azione è meno appariscente, ma una volta aperte proteggono bene la parte superiore delle gambe e si rivelano particolarmente utili in caso di pioggia.
Nel misto
Interasse non lungo, coppia alla ruota elevata e sempre disponibile, gas pronto e ben gestibile, cambio efficace, freni superbi, sterzo pronto e preciso e ottimo controllo delle masse sospese donano alla V100 un comportamento piuttosto sportivo anche nel misto stretto, risultato particolarmente interessante, perché abbinato a un confort di buon livello. La guida è davvero gustosa e fa sorridere nel casco anche i piloti più smaliziati.
Consumi
I consumi a velocità costante rilevati sullo strumento di bordo sono i seguenti:
- a 90 km/h 21,5 km/l
- a 130 16,5 km/l
La media complessiva da pieno a pieno, comprendente qualche tratto urbano, un po’ di autostrada, molta statale e parecchi tratti fatto a passo di carica veloce – inclusi i test di accelerazione – è stata di 16,2 km/l.
Il serbatoio da 17 litri consente percorrenze sui 300 km.
Conclusioni
La V100 Mandello è un’eccellente sport tourer, in quanto offre offre un motore vivace dal funzionamento impeccabile e dai consumi più che ragionevoli, prestazioni molto interessanti per la categoria e in particolare una ripresa di assoluto rilievo, un’ottima guidabilità su tutti i tipi di percorso, freni da riferimento, spazio a bordo adeguato per due e per i bagagli, un confort più che buono anche a velocità autostradali e un’elettronica ben fatta e facile da usare.
Ma la cosa che mi ha più impressionato sono la qualità costruttiva dell’insieme e di tutti i dettagli. Sulla Mandello non c’è un cavo o una vite fuori posto, una giunzione tra pannelli imprecisa, una finitura meno che ottima, tutte le componenti sono perfettamente integrate e tutto trasmette una gratificante sensazione di precisione e di solidità nell’uso, anche in particolari insignificanti, come il feeling dei vari pulsanti e delle plastiche o l’apertura impeccabile del tappo del serbatoio o la facilità di rimozione e soprattutto di rimontaggio delle selle. In due parole, la V100 offre, anche in questa versione base, la componentistica raffinata e il fascino delle moto italiane, unite a una costruzione degna delle migliori Honda, e proprio non saprei desiderare qualcosa di meglio.
Fin da quando ero ragazzo, ho sempre visto Moto Guzzi affannarsi nell’inseguire la concorrenza e la grandezza del proprio passato. Ecco, con la V100 la Casa dell’Aquila ha finalmente raggiunto di slancio entrambi gli obiettivi, perché questa è a mio avviso una tra le migliori sport tourer sul mercato e realizza un balzo epocale rispetto al resto della produzione di Mandello. Per ritrovare una moto altrettanto innovativa nella storia della Casa, bisogna tornare indietro almeno fino alla V7 del 1965. Tanto di cappello ai tecnici di Mandello per questo capolavoro; gli auguro il massimo successo nelle vendite e non vedo l’ora di vedere e provare gli altri modelli con lo stesso motore che seguiranno.
Pregi
- Moto bella, solida e ben rifinita
- Spazio per passeggeri e bagagli
- Motore piacevole, potente e molto elastico
- Freni eccelsi
- Cambio e frizione impeccabili
- Bella guida su tutti i percorsi anche alzando molto il ritmo
- Cruscotto TFT che offre a colpo d’occhio tutte le informazioni necessarie
Difetti
Ho fatto davvero fatica a trovarne uno, ma alla fine ci sono riuscito: il design del portapacchi tubolare optional non è all’altezza di tutto il resto della moto.
Si ringrazia molto la concessionaria Moto Guzzi – Aprilia – Piaggio “Che Moto!” di Roma per aver messo a disposizione le moto della prova.
Dai un’occhiata ai nostri Corsi di Guida Sicura, ai nostri Tour in Moto e ai nostri Tour in Miata!
Complimenti per questa disamina estremamente dettagliata della Moto Guzzi V100 Mandello.
A mio avviso, è lo dico da amante dei marchi Guzzi e Aprilia che possiedo e di cui sono venditore, c’è da migliorare il cambio della versione base, nella fluidità degli innesti. Per il resto nulla da eccepire.
Donato Amabile
Bella, tutta, sia esteticamente che in sella.
Spero in una versione con motore e cardano nero, a mio avviso avrebbe un piglio più sportivo e un look più rifinito.
Ecco, guardando il passaggio degli scarichi della V100 non mi fanno impazzire: li associo al portapacchi offerto come accessorio per il design poco riuscito.
Ecco… Tutta colpa sua! 🙂
Mi è toccato comprarla!
E sono molto soddisfatto. Grazie.
E pensare che è la mia prima Guzzi…
Oddio, mi “dispiace”!
Complimenti per il bellissimo e completo articolo.
Dato che mi chiamo Federico Parodi e sono nipote dello zio Giorgio, fondatore Moto Guzzi, del nonno Emanuele Vittorio, a cui è intitolata la via di Mandello sede dell’azienda, e figlio di Enrico Parodi , presidente Moto Guzzi dal 1952, sono a disposizione per fornire notizie “familiari” di prima mano.
Alcune anticipazioni:
Carlo Guzzi non fu mai, per sua scelta, azionista dell’azienda ma legato da un contratto di partecipazione agli utili del 20/22%.
Carlo Guzzi era in realtà diplomato, Perito Disegnatore Tecnico, con fatica, perché sotto al banco di scuola trafficava
già con pezzi meccanici.
Al Forte di Sant Andrea, nell’Aviazione di Marina, era il motorista di Giorgio Parodi e Giovanni Ravelli e quando scopri che correvano entrambi con una Indian Power Plus , estrasse il suo progetto innovativo, che cambierà la storia della motocicletta, e disse “…ma come, due piloti dell’aviazione italiana, due patrioti, che corrono con una moto americana…
Ve la do io la moto….”
Il nonno Manuelin finanzia il prototipo ( che nasce con l’aiuto dell’Isotta Fraschini, senza nulla togliere all’affascinante storia del feré, il fabbro Ripamonti di Mandello) e dopo aver fatto un giro sul portapacchi della prima GP in via Ruffini a Genova, fonda Moto Guzzi SA presso il cugino, notaio Cassanello di Genova, versando un capitale di 500.000 Lire nel 1921.
Mio padre Enrico, detto Richetto, classe 1901, entra in Guzzi nel 1926 e come primo incarico viaggia, con il Moretto e con un altro meccanico, in Italia, Europa , Africa, Australia, Stati Uniti, per aprire le concessionarie ancora ad oggi esistenti.
L’anima sportiva dell’azienda è lo zio Giorgio, il genio motoristico è il Carlett detto Taj, ma il conduttore è Richetto Parodi.
Nel ’39 è lui che assumerà (quale vice-presidente ma presidente de facto) l’Ing. Giulio Cesare Carcano, fratello del responsabile dello showroom Moto Guzzidi Corso Sempione (con ovvi problemi con laprimadonna Carlo Guzzi…). E’ lui che assumerà tra gli altri Bill Lomas, Fergus Anderson e che eleggerà Ferdinando Balzarotti come capo collaudatore (Nandino voleva abbandonare dopo un terribile incidente e dopo la morte di Tenni di cui era secondo pilota). Richetto crerà progressivamente la ripartizione dell’azienda, Micucci alle due tempi, Guzzi produzione civile e militare e Carcano alla squadra corse (ingegnere di pista ante-litteram). Lo zio veniva a Lierna, la nostra villa sul lago a 9 km dalla Guzzi, una volta alla settimana, impegnato sul fronte bellico e armatoriale e nel ’53 venderà le sue quote ad Enrico Parodi per la cifra documentata di 3 miliardi di lire.
Durante il 2° conflitto mondiale mio padre Richetto salva il capitale della società, dai sequestri allora in atto, costruendo il villaggio Moto Guzzi e conferendo le abitazioni ai dipendenti in comodato d’uso. Durante la sua presidenza fa vincere all’azienda 15 titoli mondiali e due ori olimpionici nel canottaggio, tra gli altri numerosi trofei.
Nel ’64, di fronte alla crisi che investe tutto il settore motociclistico, salva l’azienda dal fallimento sacrificando le4 navi della società armatoriale EV Parodi e liquidando personalmente 1600 dipendenti. La SEIMM ne licenzierà oltre 800 nella settimana successiva alla statalizzazione.
A presto,
Federico Parodi
Che onore! Sono davvero lusingato, grazie del giudizio, delle precisazioni e delle integrazioni. La vostra è una storia incredibile!
Le scrivo in privato.
Affascinante, sono responsabile vendite in una concessionaria Guzzi Aprilia e mi piacerebbe poterla conoscere di persona.
Donato Amabile
Che storie affascinanti e per me non conosciute, degne di essere iscritte su un libro
Sto scrivendo questo commento dall’ Arizona , Sedona per essere precisi e mi devo congratulare per il meraviglioso ” scritto” , ottimamente articolato a 360 gradi e colmo di dettagli utilissimi .
Mi sarebbe piaciuto capire solamente la sua impressione sul calore prodotto dai cilindri e se potrebbe dare troppo sconforto nei mesi piu’ caldi …
Un saluto , Moreno
Buongiorno Moreno e complimenti, Sedona è un posto magico. 🙂
Avendo provato la moto in inverno, non ho indicazioni molto affidabili sul calore, anche perché guido sempre con pantaloni e stivali adeguati, attraverso i quali non passa molto calore. In città ho comunque atteso l’accensione della ventola e non ho notato particolari correnti d’aria calda che mi venissero addosso. Inoltre, le teste sono piuttosto lontane dalle ginocchia e da loro non arriva alcun calore evidente.
Tutte le moto scaldano, è nella loro natura, a meno che non siano elettriche. Secondo me, la V100 è di quelle che scaldano poco, assai meno di una Ducati e a un livello comparabile con una BMW boxer.
A me più di una persona ha detto che la moto è bellissima(e questo lo sapevo gia’, non occorreva che me lo dicessero loro…) ma consuma troppo. Se vai a velocità codice, tutto bene ma, se apri…. Ma sarà vero…??? Perché io la vorrei acquistare.
L’ho provata a gennaio e nonostante facesse freddo il motore scaldava parecchio, penso che in estate è proibitiva
Ognuno ha il suo metro di giudizio, la sua sensibilità. Tuttavia, ne sono fortunato possessore insieme ad una bellissima GS 1200 Rally, raffreddata a liquido. Beh, la tedesca scalda molto di più della V100, per cui le sconsiglio qualsiasi moto per non soffrire il caldo. Uno scooter, magari, in modo da stare al riparo sia dal caldo che dal freddo.
Dopo qualche decennio di bmw, e dopo avere effettuato il test ride, ho ordinato una V100 aviazione navale che dovrebbe arrivare a giorni.
Mi fa piacere che le sensazioni descritte corrispondano a quanto ho potuto provare nel breve test che ho potuto effettuare.
Volevo complimentarmi per il bel resoconto.
Se vuole sapere la vera Storia di questo Glorioso Emblema, La caldeggio a passare dall’Antica Officina di Giorgio Ripamonti Ferè, dove dopo il primo evento bellico Mondiale, Guzzi, Parodi e Ravelli costruirono il Prototipo “G.P.” e Le daranno tutte le info del caso, arrivederci.
Lo farò senz’altro.
…bene, non se ne pentirà!
Prova effettuata e divulgata ottimamente: Molte informazioni utili e concrete, trasmesse con chiare spiegazioni.
La “Mandello” mi incuriosisce, non ho fatto in tempo a provarla durante”Eternal Bike” in Settembre 2023 a Roma, ma coglierò la prima occasione utile.
Avanti così!
Saluti,
Luca
La Vita a Milano era più costosa rispetto al Paese sul Lario, poi da vedova ha preferito crescere i Figli in un Paese più tranquillo dove avevano una stupenda Villa con parco enorme e le opportunità c’erano e ci sono state pure lì, Mandello per loro poteva essere “villeggiatura estiva”, ma già pullulava di aziende tessili o meccaniche intorno alla roggia e nelle immediate vicinanze.
Avevo comunque già tolto il verbo costringere, effettivamente poteva sembrare un po’ brutale. Mi piace colorire i testi, è pur sempre una prova su strada e non un saggio storico ma non intendo sconfinare nel falso.
Grazie per le precisazioni, sempre gradite.
…io non voglio “cavarmela così” come dice Lei, ci mancherebbe, qst Marchio ce l’ho particolarmente a cuore, la prima inesattezza è che la Famiglia Guzzi era di Milano, Palamede, il Padre di Carlo aveva una Azienda in Corso Buenos Aires e a Mandello del Lario la residenza estiva, quando prematuramente mancò, la Madre non fu “costretta”, ma preferì crescere i Ragazzi sul Lario per Vita più tranquilla e meno dispendiosa.
Molto meglio, grazie.
Verissimo su Milano, avevo in testa la Genova dei Parodi e mi è sfuggito in fase di revisione, lo rettifico subito.
Sul “costretta”, è così che per mia esperienza una vedova prende la decisione di trasferirsi da una città piena di opportunità a un minuscolo paesino di villeggiatura, per quanto in un luogo bellissimo.
…sulla Storia del marchio è stato informato erratamente…
Che ci possano essere errori, può darsi benissimo, perché la mia è solo una piccola e superficiale ricerca fatta sul web nel corso di un paio di settimane. In giro c’è di tutto e selezionare le fonti plausibili non è un esercizio facile.
Però non è che lei viene, scrive questa frase e se la cava così. Sia così gentile da spiegare a me a agli altri lettori dove sono gli errori, quali sono le verità e dove posso trovare informazioni il più possibile accurate al riguardo.